«Pensano di neutralizzarmi, ma non si accorgono che nell'angolo ci sono finiti loro».
Altro che «retromarcia»: in partenza per un adrenalico weekend di sci sulle nevi dell'Himalaya, Matteo Renzi lascia ai suoi compagni di partito messaggi bellicosi. E una tabella di marcia a lunga scadenza, con l'obiettivo di tenere sotto tiro il governo Conte bis, e logorare il premier con una crisi a bassa intensità, e senza lo sbocco delle urne. «È una lunga partita a scacchi». E a chi gli obietta che il Pd non mollerà mai Conte replica sibillino: «Chissà... Forse. Se poi vogliono provare a fare un Conte Ter senza di noi mi sta benissimo: si accomodino».
La minaccia di sostituire Italia viva, determinante al Senato, con una pattuglia di «responsabili» di variopinta provenienza viene agitata sia da Palazzo Chigi (per interposto Rocco) che dal Nazareno. Ma in verità l'operazione è assai più complicata di quel che si racconta, e Renzi lo sa bene: intanto, la prospettiva di un ennesimo cambio di maggioranza non entusiasma certo il Colle. E puntellare il governo con i «responsabili», modello Razzi&Scilipoti, mentre l'ex premier resta a sparare contro da fuori, metterebbe in seria difficoltà i già sbandati grillini. Inoltre, come dice la viceministra dem Simona Malpezzi, «i responsabili ci sono in ogni legislatura, figuriamoci in questa che produce il taglio dei parlamentari». Ma pensare che vengano allo scoperto mentre è aperta la partita prescrizione è piuttosto illusorio: «Oggettivamente, non è l'occasione migliore».
Sulla questione prescrizione il Pd, che aveva giurato di cambiarla, sa di avere incassato una sconfitta, a vantaggio dei grillini, e darne la colpa a Renzi è una magra consolazione: «Questo pasticcio è il risultato dei brainstorming divergenti di Matteo ma anche di Nicola», sospira un importante ministro dem. Nicola è naturalmente il segretario Zingaretti.
La prossima tappa della guerriglia? «In settimana sarò a Porta a Porta: sentitevela», è il consiglio renziano. Il tema prescrizione è rinviato ma non archiviato: prima o poi, il famoso «lodo Conte» dovrà arrivare all'esame del Parlamento e Italia viva garantisce che non voterà mai «norme non garantiste». Ma intanto Matteo Renzi sposta il fuoco su altri temi, quelli economici. E sceglie un nuovo totem grillino da abbattere: il reddito di cittadinanza. «Li faccio esplodere», promette. Ma nel mirino c'è il Pd, costretto nuovamente a scegliere se appiattirsi sugli alleati o scontrarsi.
Del resto, il leader di Iv lo aveva annunciato con chiarezza già un paio di mesi fa, a fine 2019: se il Conte bis (e il Pd che lo sostiene) vuole dimostrare di non essere la semplice fotocopia del Conte Uno, spiegava, vanno levate di mezzo le storture prodotte dalla maggioranza gialloverde. A cominciare da due leggi-manifesto: «l'obbrobrio della abolizione della prescrizione» e il «fallimentare sussidio del reddito di cittadinanza». Per Renzi «è arrivato il momento di cambiare quel meccanismo.
Con un'altra politica: al Sud bisogna aprire cantieri, non continuare a dare sussidi». I 5Stelle sono già sul chi vive, e il provvisorio leader del partito, l'improbabile Vito Crimi, lancia l'altolà: «Nessuno deve mettere becco su reddito di cittadinanza e prescrizione».
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