Renzi "licenzia" Alfano: "Puoi tornare ad Arcore"

L'irritazione del premier nei confronti degli equilibrismi del ministro dell'Interno Il caso del sostegno al centrodestra a Milano porta l'Ncd a un passo dall'esplosione

Renzi "licenzia" Alfano: "Puoi tornare ad Arcore"

Con la politica dei due forni, che poi sono anche tre, Alfano rischia di bruciarsi e lui lo sa bene. Ma tant'è. Cerca di fare buon viso a cattivo gioco ma la verità è che l'Ncd è a un passo dall'esplosione. Il partito è sull'orlo di una crisi di nervi e Angelino è costretto a mille equilibrismi per non farla esplodere: al governo con Renzi per non perdere la poltrona agli Interni; a Milano con Parisi (e quindi col centrodestra); a Roma con Marchini (e quindi né a destra né a sinistra); a Napoli e ad Agrigento a braccetto col Pd. Una politica schizofrenica che non ha provocato ancora il big bang interno soltanto perché da poco sono arrivati un po' di strapuntini (premio-poltrone di governo e sottogoverno a Enrico Costa, Dorina Bianchi e Antonio Gentile). Ma la coperta resta corta e i mugugni dentro il partito stanno diventando grida. La scelta di appoggiare il candidato di centrodestra a Milano, Stefano Parisi, non è andata giù a gran parte della truppa filo-renziana che alloggia in Ncd: «Un accordo voluto soprattutto da Lupi - confessa un deputato alfaniano che chiede l'anonimato -. Che senso ha che Lupi faccia il capogruppo di un partito di governo e che a Milano, nello stesso istante, sostenga il candidato di Berlusconi e Salvini? Non si può stare a Palazzo Chigi con Renzi e a Palazzo Marino con Forza Italia e Lega», è lo sfogo dell'anonimo onorevole.E dire che Alfano aveva provato a far chiarezza e portare il timone della sua scialuppa decisamente verso sinistra. Raccontano infatti che, qualche settimana fa, Angelino abbia bussato alla porta di Renzi per parlare di amministrative: «Matteo, sono disposto a fare un accordo con te ovunque. Ti appoggiamo da Torino ad Agrigento ma devo capire se c'è lo spazio politico per fare qualcosa insieme», è stato il senso del ragionamento fatto da Alfano. Aveva ed ha in testa, Angelino, una sorta di partito della Nazione. Peccato che Renzi gli abbia chiuso la porta in faccia, dicendogli più o meno così: «Angelino, non mi interessa. Anzi, sai cosa ti dico? Forse è meglio che te ne torni ad Arcore...». In effetti l'equilibrismo di Alfano dà ai nervi anche al premier; soprattutto in questi giorni che il provvedimento sulle unioni civili entra nel vivo in Senato. E sempre il parlamentare che chiede l'anonimato confessa: «Che senso ha far la voce grossa quando si parla di stepchild adoption ma dire, nello stesso istante, che in ogni caso il governo non cade?».Questione di quid. Che Alfano, tuttavia, pretende dagli altri proprio sulle adozioni: «Spero che i cattodem abbiano coraggio per votare no alla stepchild adoption e che numerosi grillini votino no in modo tale che la stepchild salti. Poi, se fossi il leader del Pd io la stralcerei». Fa il democristianone, Alfano: un po' di bastone e un po' di carota. Il bastone, però, si vede ben poco perché, pur guidando una nutrita pattuglia di parlamentari, il suo peso nel Paese è da peso piuma. Molte le carote, invece: «Trovo ingiustificate le polemiche contro il premier Renzi sulle banche toscane; e confermo che non penso proprio che sia necessaria una manovra correttiva».Quindi, intervistato a In 1/2 ora, prova a districarsi nel guazzabuglio delle alleanze alle prossime amministrative: «Sulle alleanze decidono i territori - sentenzia -. A Milano c'è Parisi: una persona brillante, non un tecnico algido. Mentre a Bologna abbiamo presentato una candidatura autonoma».

E poi c'è Roma: «Noi abbiamo visto sempre con favore la candidatura di Alfio Marchini. Ci riuniremo nei prossimi giorni per decidere ma siamo assolutamente orientati su questo nome». Un po' di destra, un po' di sinistra. E molto sotto.

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