Renzi al test dell'Aula: riforme a rischio

Trappole sull'iter dei decreti lavoro e Pa: la maggioranza è già spaccata sulle uniche carte per avere flessibilità dall'Ue

RomaPentito per il gelato offerto a Palazzo Chigi? «Francamente il giorno in cui mi pentirò di un sorriso, vorrà dire che ho sbagliato mestiere». Il premier Matteo Renzi punta tutto sulla leggerezza. Gli attacchi al suo governo si sono moltiplicati, c'è il rischio concreto che in autunno i mugugni si trasformino in fuoco amico contro il rottamatore e le sue riforme, già depotenziate rispetto alle premesse. Come se non bastasse in Europa si risvegliano i rigoristi che non vorrebbero concederci niente.

Ma il presidente del Consiglio preferisce rivolgere lo sguardo alle partite vinte (la nomina di Federica Mogherini a responsabile della politica estera europea), senza rinnegare lo show di venerdì, il gelato mangiato nel cortile di Palazzo Chigi a favore delle telecamere. La riposta alla copertina dell' Economist che lo ha ritratto con un cono in mano dietro a Merkel e Hollande dentro una barchetta che affonda non è stata uno sbaglio. «Quando ho visto montare la polemica, qualcuno ha chiamato in causa anche l'orgoglio patriottico perché c'ero io con il gelato, io ho pensato che il gelato sia una delle cose più buone, più divertenti e lo rifarei domani mattina. Poi aver visto dotte dissertazioni sul fatto che non si tiene insieme crema e limone, mi ha fatto pensare che probabilmente è vero, che i miei gusti sono discutibili, ma anche che forse recuperare quel pizzico di leggerezza, non dico calviniana, ma che dovrebbe caratterizzarci tutti, sarebbe una priorità».

Buonumore che Renzi si è portato dietro da Bruxelles. Ignorando le critiche stanno arrivando dal fronte delle imprese. Ieri il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi è tornato sullo Sblocca Italia sostenendo che la «cifra non basta a ripartire». Poi sul bonus da 80 euro che non basta a fare riprendere i consumi. Oggi il premier presenterà il cronoprogramma dei prossimi mille giorni, ma non mancano i rischi nel breve termine. Come la ripresa dell'attività parlamentare, questa settimana, con in primo piano le riforme congelate prima della pausa estiva.

Giovedì in commissione al Senato riprenderà l'esame del ddl lavoro, un pezzo di Jobs Act , il cui iter si era interrotto prima della pausa estiva, ufficialmente perché il pacchetto di riforme del ministro Boschi aveva la precedenza. Fa parte del provvedimento anche la riforma dei contratti e quindi il nodo articolo 18 sul quale il Nuovo centrodestra da una parte e la sinistra del Partito democratico dall'altra, daranno battaglia. Il partito di Angelino Alfano, e dell'ex ministro Maurizio Sacconi, hanno detto che non faranno cadere il governo per lo Statuto dei lavoratori. Ma il tema è caldo, anche perché dall'altra parte la sinistra Pd non intende fare passare più flessibilità.

Poi c'è la riforma della pubblica amministrazione del ministro Marianna Madia. La capigruppo del Senato se ne occuperà il nove settembre. Per ora è ferma in commissione Affari costituzionali.

Sono le uniche due riforme che il governo italiano può portare in Europa per chiedere maggiore flessibilità nei conti, e Renzi sa che dovranno essere incisive. Da escludere ulteriori depotenziamenti e compromessi. Ma, proprio perché sono così importanti, sono già diventate un campo di battaglia dove si sfogheranno le tensioni della maggioranza. Inevitabile che diventino merce di scambio nella trattativa che sta più a cuore ai piccoli partiti della maggioranza. C'è la riforma del Senato, unico argomento sul quale l'opposizione interna al premier Renzi è venuta allo scoperto. È in seconda lettura e non sono escluse modifiche.

Poi c'è la legge elettorale, argomento che sta a cuore ai piccoli partiti della maggioranza. Potrebbe essere la soluzione e, allo stesso tempo, la trappola peggiore per l'esecutivo. Da una parte, una volta accontentati i partiti che chiedono il ritorno preferenze e l'abbassamento delle soglie di ingresso, potrebbe rendere più facile l'approvazione di tutti gli altri provvedimenti.

Dall'altra, se Renzi non li accontenterà, potrebbe scatenare una guerra che comprometterà le riforme che interessano l'Europa. Una serie di trappole difficili da evitare, con il solo aiuto della «leggerezza calviniana».

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