Ponte crollato a Genova

La rete nascosta firmata Benetton

La galassia delle controllate: dal traforo del Monte Bianco al Sud. Ecco l'impero che va oltre le autostrade

La rete nascosta firmata Benetton

Il governo marcia spedito verso la procedura per la decadenza della concessione di Autostrade per l'Italia, ritenuta dall'esecutivo «inadeguata» dopo la tragedia di Genova. Ma l'impero chilometrico gestito dalla concessionaria controllata da Atlantia non si esaurisce nella rete autostradale da duemila chilometri che ricade sotto la sua gestione diretta. Infatti, se l'intenzione dell'esecutivo è quella di far decadere l'intera rete della concessione, e dunque non solo la A10 del viadotto Morandi crollato la vigilia di Ferragosto, resta da capire che cosa accadrà al resto delle strade che sono in mano ai Benetton attraverso concessionarie «minori» che fanno sempre capo ad Autostrade seppur con quote diverse.

Si tratta di piccole ramificazioni italiane rispetto a un impero che, dopo l'acquisizione da parte di Atlantia della maggioranza di Abertis - concessionario spagnolo che gestisce 8.600 chilometri di autostrade in 15 Paesi -, va dalla Spagna all'Asia. Piccole ramificazioni che però comprendono strade a pedaggio, richiedono manutenzione, investimenti, sicurezza. E che nel 2017, grazie alle tariffe, hanno pur sempre fruttato ricavi operativi per 284 milioni di euro. Difficile che il governo possa trovare una strada giuridica che porti alla decadenza, oltre che dei duemila chilometri in capo ad Autostrade, anche delle altre concessioni gestite da partecipate di cui detiene la maggioranza.

La concessione a scadenza più lunga arriva fino al 2050 e, stando al bilancio 2017 di Autostrade, è anche la più redditizia. Si tratta della società per il Traforo del Monte Bianco, di cui Aspi ha il 51,9% e il resto è suddiviso, tra gli altri, anche tra Anas e Regione Valle D'Aosta: gestisce appena sei chilometri di tunnel transalpino ma ha visto crescere i ricavi da pedaggio da 57 a 61 milioni tra il 2016 e il 2017, grazie all'incremento del traffico pesante (+8,2%), e ha staccato dividendi per 14 milioni. La società detiene poi il 47,9% per cento del Raccordo Autostradale Valle D'Aosta: una rete di 32 chilometri la cui concessione scade nel 2032 e che l'anno scorso ha portato in cassa 20 milioni con il pagamento delle tariffe, aumentate di oltre il 50 per cento nel 2018.

Nella rete di Aspi ci sono poi la Tangenziale di Napoli, che con i suoi 20 chilometri ha consentito un ricavo da pedaggi da 70 milioni, la società Autostrada Tirrenica, 55 chilometri, una concessione in scadenza nel 2038 e ricavi da pedaggi pari a 38 milioni di euro, due in più rispetto al 2016. E c'è infine Autostrade Meridionali, che con i suoi 52 chilometri gestiti fa caso a sé. Infatti, sebbene la concessione sia scaduta nel 2012 e sia già stata bandita relativa gara dal ministero delle Infrastrutture, continua di fatto a restare in mano ad Autostrade che ne detiene il 58,9 per cento in regime di proroga, in attesa che si risolva il contenzioso sulla scelta del successore della gara in Consiglio di Stato. Nel frattempo però continua a fruttare: i ricavi netti da pedaggio ammontano a 84 milioni di euro, in aumento di 2 milioni grazie al boom di traffico e tariffe.

Oggetto, quest'anno, di un rincaro del 5 per cento.

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