Roma Contrordine: la mafia a Roma c'è stata. Almeno quella descritta dalla Procura nell'inchiesta Mondo di Mezzo, che nel 2014 ha portato in carcere Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. La sentenza di appello ha ribaltato ieri le conclusioni dei giudici di primo grado, i quali avevano individuato in quel sodalizio che per anni ha tenuto sotto scacco ampi segmenti dell'imprenditoria e dell'amministrazione pubblica romana due semplici associazioni a delinquere, ma nessuna intimidazione mafiosa.
I giudici della III Corte d'Assise d'appello di Roma, invece, hanno smentito i colleghi riconoscendo l'aggravante mafiosa nei reati commessi dall'ex terrorista dei Nar, dal ras delle cooperative e da altri 16 dei 43 imputati, anche se a Carminati e Buzzi sono state ridotte le pene rispettivamente a 14 anni e mezzo e a 18 anni e 4 mesi. Il pg Antonio Sensale aveva sollecitato 26 anni e mezzo per Carminati (che in primo grado aveva preso 20 anni) e 25 anni e 9 mesi per Buzzi (che era uscito dal primo processo con una condanna a 19 anni). Ci sono state anche otto assoluzioni, tra cui quella della segretaria di Buzzi, Nadia Cerrito, che aveva aiutato i pm a ricostruire il giro di tangenti, e due patteggiamenti: Luca Odevaine, ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni e componente del tavolo sull'immigrazione, ha patteggiato una pena a 5 anni e 2 mesi, mentre Claudio Turella, ex funzionario del Campidoglio, ne ha concordata una a 6 anni.
Soddisfatta la Procura generale, che aveva impugnato la sentenza solo nella parte in cui il Tribunale aveva rigettato l'esistenza di quella violenza e intimidazione che caratterizza le organizzazioni criminali così come previsto dall'articolo 416 bis. «La consapevolezza dell'esistenza anche a Roma e nel Lazio di forze criminali in grado di condizionare la vita economica e politica e di indurre timore nella popolazione - ha commentato il pg Giovanni Salvi - resta il centro di riferimento delle iniziative giudiziarie, che devono necessariamente essere accompagnate dalla crescita della coscienza civile e dal risanamento della struttura della pubblica amministrazione». La decisione di ieri ha rappresentato un riconoscimento importante anche per il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini: «Il fatto che l'associazione criminale che avevamo portato in giudizio fosse di stampo mafioso era una questione di diritto che è stata ritenuta fondata». Incredulo Bruno Naso, il legale di Carminati (che ha assistito all'udienza in videoconferenza dal carcere di Opera dove è recluso): «In questo Paese la magistratura mette bocca su tutto e si arroga il compito di moralizzare la società».
«Una bruttissima pagina per la giustizia del nostro Paese», per Alessandro Diddi, legale di Buzzi. In aula c'era anche Virginia Raggi. «Criminalità e politica corrotta hanno devastato Roma, i responsabili è giusto che paghino», ha detto la sindaca della capitale.
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