"Il riconoscimento non si può relegare solo a una pratica amministrativa"

L'ex ministro di Italia viva: "Serve una norma che tuteli i diritti dei bimbi". E sul partito unico: "Io e Renzi vediamo bene Calenda leader"

"Il riconoscimento non si può relegare solo a una pratica amministrativa"

L'ex ministro renziano Elena Bonetti - in un'intervista al Giornale - stronca l'iniziativa del sindaco di Milano Beppe Sala sui figli delle coppie gay: «Il riconoscimento non può essere relegato ad una pratica amministrativa». E sul partito unico si sbilancia: «Io e Renzi vediamo bene Calenda leader».

In Senato è stato bocciato il regolamento Ue per riconoscimento dei diritti dei figli anche di coppie gay e l'adozione di un certificato europeo di filiazione. Un errore?

«In parte. Il certificato di filiazione è uno strumento di tutela dei diritti dei figli, dire no a priori è sbagliato. Il punto è che deve rispettare le normative nazionali. Ad esempio, il ricorso alla GPA è reato in Italia e per me è una grave lesione dei diritti del bambino, non solo della donna».

Sala lancia un appello alla neosegretaria del Pd Elly Schlein chiedendole di esporsi sul tema del riconoscimento dei diritti per i figli delle coppie gay. Condivide le parole di Sala? Anche il Terzo Polo ritiene sia tempo di esporsi?

«Il tema va affrontato basandosi sul supremo interesse del bambino. Noi lo abbiamo fatto quando abbiamo stabilito, ad esempio, che l'assegno unico universale andasse a tutti i bambini. Proprio per questo serve un intervento normativo: il riconoscimento non può essere relegato ad una pratica amministrativa, che per sua natura non è sufficiente a verificare che non siano stati lesi diritti e violate norme vigenti. Poi naturalmente nel terzo polo ci sono sensibilità diverse».

Calenda, Schlein e Conte saranno insieme sul palco di Landini. Ritorna l'opzione del campo largo da Conte a voi?

«Nessun campo largo, semplicemente sui temi si discute con tutti. Sul salario minimo si può parlare con Schlein, ma per noi è prioritaria la contrattazione collettiva e la cornice rimane la riforma del jobs act, che ha creato più di un milione di posti di lavoro. Così come siamo distanti sul reddito di cittadinanza. Il Pd ha un serio problema con la stagione riformista di Renzi. Per noi invece quella è la strada».

A proposito come precede il progetto del partito unico tra Iv e Azione? Mercoledì vi siete visti?

«Sì, ci siamo visti e il percorso verso il partito unico è iniziato. Non sarà la semplice somma di Italia Viva e Azione ma una proposta politica nuova che da' casa ai popolari, liberali e riformisti».

In autunno nome e leader? Non è scontato che sia Calenda?

«Prima del nome ci sono i valori di riferimento, le proposte per il Paese e l'organizzazione. Sia Renzi che io vediamo bene Calenda come leader. Ad ogni modo ci sarà un congresso».

Nordio è pronto a presentare la riforma della giustizia. Limitazione della carcerazione preventiva, inappellabilità delle sentenze di assoluzione, abolizione abuso d'ufficio e revisione della Severino. La votate subito vero?

«La sintonia con il ministro Nordio è piena. Esamineremo la riforma quando arriverà in Parlamento ma appare molto convincente, penso al tema della carcerazione preventiva, che troppo spesso produce abusi, e all'inappellabilità».

Vi convince la riforma fiscale che il governo si appresta a varare? Ovviamente abbiamo letto anticipazioni e bozze.

«Da quel che vediamo, pare essere una replica della riforma fiscale di Draghi, visto che la flat tax sembra essere più uno slogan data anche la scarsità di risorse».

Il Parlamento Ue approva due direttive (case e auto) green. I parlamentari europei del Terzo Polo si astengono. Anche su questo siete più vicini alle posizioni del centrodestra che della sinistra.

«Non siamo ideologici: la tutela dell'ambiente è importante e deve avvenire raccordando le esigenze di famiglie e imprese. La direttiva sulle case green ha finalità molto condivisibili ma così' com'è ha limiti oggettivi».

Non c'è stata nessuna fuga dei riformisti dal Pd come ipotizzava Renzi.

Guerini, Delrio, i sindaci Gori, Nardella, Riccci. Restano tutti con Schlein

«Hanno fatto la loro scelta: abdicare alla vocazione maggioritaria e riformista, mettendosi dalla parte di una politica di sinistra e massimalista».

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