"La partita del Senato mi pare ben messa, ma come dice il Trap non dire gatto se non ce l'hai nel sacco". Usa una metafora calcistica il presidente del Consiglio Matteo Renzi dopo aver visitato il ritiro della Nazionale di calcio (che stasera sfida a Roma la Norvegia) a proposito del ddl riforme in votazione finale al Senato.
Intanto in aula non sono mancate contestazioni. Non appena l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha cominciato a parlare nell'Aula di Palazzo Madama, tutti i senatori del M5S sono usciti lasciando i banchi deserti. Hanno abbandonato i loro posti anche numerosi esponenti di Forza Italia. "Un golpista non lo voglio sentire", dice nel salone Garibaldi il senatore azzurro Remigio Ceroni a chi gli chiede come mai i senatori di Forza Italia abbiano deciso di lasciare l'emiciclo appena iniziato l'intervento sulle riforme dell'ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Silvio Berlusconi, raccontano, si sarebbe infervorato quando il confronto tra gli azzurri si sofferma sull'atteggiamento da tenere durante la dichiarazione di voto di Giorgio Napolitano. C'è chi propone, come Augusto Minzolini, di uscire dall'Aula durante l'intervento dell'ex capo dello Stato, chi di protestare con altre iniziative. Ad un certo punto, riferiscono fonti azzurre, il Cav sarebbe sbottato così: ora basta, Napolitano non dovrebbe proprio parlare, non farei parlare chi ha compiuto un golpe.
"Anche noi come altri partiti dell'opposizione non parteciperemo al voto finale", ha affermato Paolo Romani, presidente di Forza Italia in Aula al Senato.
Prima di terminare il suo intervento in Aula e lasciare, come tutto il gruppo della Lega, l'Aula, Calderoli ha mostrato in mano una copia della Costituzione e una bottiglietta di olio di ricino. Aventino da parte anche di Sel.
Il Pd fa quadrato intorno a Giorgio Napolitano. "Sono intollerabili le critiche di Berlusconi e le contestazioni di esponenti di FI e M5S nei confronti del Presidente emerito Giorgio Napolitano", avverte Alessia Rotta, della segreteria del Partito Democratico. "Egli - riprende - è stato per nove anni fedele garante della Costituzione e arbitro equidistante delle vicende della democrazia repubblicana. Il suo spirito di servizio verso lo Stato e i cittadini italiani è indiscutibile, come dimostra la sofferta scelta di prolungare il suo mandato al Quirinale. Una scelta, lo voglio ricordare, che gli fu chiesta da gran parte del Parlamento e che egli accettò a patto di dare il via alle riforme".
"La sinistra Pd stia serena, non calpesteremo mai il loro orticello, ma le riforme sono patrimonio di tutti gli italiani".
Dal gruppo dei verdiniani arriva invece un sì convinto al ddl riforme, spiega Riccardo Mazzoni in dichiarazione di voto, negando categoricamente che il ddl instauri una sorta di dittatura: "Non c'è nessuna deriva autoritaria". Un sì del gruppo Ala "anche per marcare la distanza profonda da chi ha cambiato idea" durante il percorso, ha aggiunto Mazzoni riferendosi a Forza Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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