Rimpallo con il tribunale sulla richiesta di poter restare a Roma

Milano Il quadro è quasi malinconico: questa mattina, mentre i grandi elettori si ritroveranno a Montecitorio per cercare di dare un nome al prossimo presidente della Repubblica, Silvio Berlusconi - che di questa scadenza è stato uno dei protagonisti - sarà cinquecento chilometri più a nord, all'istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, dove - come ogni venerdì da dieci mesi a questa parte - è atteso per la sua mattinata di volontariato tra gli anziani malati di Alzheimer. E il Cavaliere rispetterà l'impegno. L'auto con la scorta che arriva, i cancelli che si aprono, e lui che si infila nel «San Pietro», il reparto dove ormai è una figura consueta per personale e pazienti. Tre ore a giocare, parlare con i vecchi, aiutarli nel pranzo, mentre a Roma i 1.009 sfilano davanti a Laura Boldrini e infilano nell'urna la loro scheda.

Tutta colpa del provvedimento del tribunale di Sorveglianza di Milano che Berlusconi firmò per accettazione lo scorso 27 aprile, con cui il Cavaliere si impegnava a scontare la sua pena per i diritti tv in affidamento ai servizi sociali, e insieme al volontariato si impegnava a rispettare le altre clausole: compreso il rientro a casa ogni sera dopo le 23, e la possibilità di recarsi a Roma solo dal martedì al giovedì. Era una finestra che permetteva a Berlusconi di continuare a svolgere in parte la sua attività politica. Ma allora nessuno poteva prevedere che prima della fine della condanna il Parlamento si sarebbe trovato a dover elegger il successore di Giorgio Napolitano al Quirinale.

A una deroga si sarebbe potuto forse pensare se Berlusconi fosse rimasto senatore, ma senatore - sempre per effetto della condanna per frode fiscale - non è più, e quindi anche se gli fosse consentito di recarsi a Roma non parteciperebbe alle votazioni. E il suo ruolo di leader di Forza Italia difficilmente potrebbe essere posto dai giudici alla base di un'autorizzazione speciale a restare a Roma.

Così ieri sera, dopo l'ultimo incontro con il gruppo parlamentare del suo partito per concordare la linea da tenere oggi, Berlusconi ha preso l'aereo ed è rientrato a Milano; prima delle 23, come prescritto, era chiuso ad Arcore. Su come si sia arrivati a questo risultato, le versioni sono più di una. L'altro ieri, conversando con i parlamentari azzurri a Roma, Berlusconi avrebbe detto di avere presentato la richiesta di una deroga alla magistratura milanese per poter restare nella capitale fino alla fine delle votazioni; e ieri, quando si è saputo che invece sarebbe rientrato a Milano, se ne è dedotto che la domanda fosse stata respinta. In realtà, nessuna domanda di deroga risulta che sia arrivata al tribunale di Sorveglianza di Milano da parte di Berlusconi o dei suoi legali. In ogni caso, il Cavaliere è tornato ad Arcore, dopo il vertice alla Camera, ben guardandosi dal fare qualunque polemica nei confronti dei magistrati.

In queste ore, d'altronde, Berlusconi aspetta dal tribunale di Sorveglianza un provvedimento che gli sta più a cuore: la risposta alla sua richiesta di sconto di pena per buona condotta, che anticiperebbe all'11 marzo la conclusione dell'affidamento, prevista altrimenti per il 26 aprile.

È uno sconto che Berlusconi era convinto di poter ottenere facilmente, visti i pareri positivi degli assistenti sociali, ma che si è scontrato con il parere negativo della Procura. Ora la pratica è sul tavolo del giudice di sorveglianza Beatrice Crosti. E nuove polemiche potrebbero far pendere la sua decisione per il «no».

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