Resa dei conti con gaffe per Theresa May, che tenta di voltare pagina con il nuovo anno e un governo riticcato ma resta inchiodata a un amaro destino: perseguitata dagli scivoloni e soprattutto dal dossier Brexit. Nel rimpasto gattopardesco della premier inglese (che lascia comunque al suo posto i quattro ministri chiave: Johnson agli Esteri, Rudd agli Interni, Davis alla Brexit e Hammond alle Finanze) il redde rationem arriva per il presidente del Partito conservatore Patrick McLoughlin, considerato l'artefice del semi-flop elettorale dello scorso giugno, quando la leader May chiamò il Paese a elezioni anticipate convinta di stravincere ma perse poi la maggioranza assoluta di cui godeva grazie all'eredità di David Cameron. Via McLoughlin, alla guida del partito arriva Brandon Lewis, ex ministro per l'Immigrazione e padre della proposta del ritorno ai vecchi passaporti blu (nonostante, come la premier, abbia votato per restare nella Ue). Eppure un tweet rovina l'operazione-immagine della leader di governo. Un messaggio di congratulazioni parte dall'account dei Tory verso il nuovo presidente di partito ma le congratulazioni sono dirette al destinatario sbagliato (Chris Grayling, ministro dei Trasporti) e vengono condivise nel frattempo, a catena, da diversi deputati prima di essere cancellate. Come per il discorso cruciale al Congresso dei Tory lo scorso ottobre, quando la leader fu interrotta a sorpresa e presa da un attacco di tosse che quasi le impedì di parlare mentre un comico la sbeffeggiava davanti ai suoi, anche stavolta May e il suo entourage scivolano su una buccia di banana in un momento cruciale. Come se non bastasse, un altro tweet dall'account della premier contiene un errore di battitura. Facile capire perché alla fine, la premier cancella la photo-opportunity con il nuovo capo dei Tory e il suo vice (il neo-nominato James Cleverly) a Downing Street mentre spera che il nuovo capo di Gabinetto David Lidington (ex ministro della Giustizia) dia una svolta al governo dopo che Damian Green ne aveva rovinato la reputazione con l'accusa di molestie sessuali e le conseguenti dimissioni.
Eppure, a confermare che il giudizio finale sul governo di Theresa May (e il suo destino) resta e resterà appeso al dossier Brexit c'è la nomina (non ancora ufficializzata ma anticipata dal Daily Telegraph, che fa il nome di Steve Baker, fermo anti-europeista) di un viceministro per il no-deal (niente accordo), cioè per l'eventualità che il Regno Unito esca dall'Unione Europea senza aver concluso un'intesa con Bruxelles. La mossa è un modo per tenere sulla corda le istituzioni europee, minacciando la possibilità che Londra lasci il tavolo delle trattative se le condizioni non saranno convenienti per il Paese. Ed è anche un modo per rassicurare i pro-Brexit più accaniti che la premier terrà una linea dura e si sta preparando anche a far saltare il tavolo, se necessario. Il viceministro siederà al fianco del ministro per la Brexit David Davis, sarà un membro del Gabinetto e avrà anche un discreto budget da gestire ma non gestirà un ministero tutto suo. Se la mossa funzionerà è tutto da vedere. Intanto May ci prova. Rischiando di mettere a disagio Bruxelles, che non faticherà a interpretare la manovra come atto ostile.
Che la Brexit resterà un tormentone per tutto il 2018 lo provano pure le dimissioni del ministro per l'Irlanda del Nord, James Brokenshire.
Proprio nel giorno del rimpasto, l'annuncio dell'addio per motivi di salute. La questione della frontiera tra le due parti dell'isola è uno dei nodi che ha rischiato di mandare all'aria i colloqui con Bruxelles e di far cadere il governo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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