"Rimpasto o sono guai" Sulla Leopolda oscurata il diktat degli anti Renzi

L'ombra del crac Popolari si allunga sul palco Il leader si eclissa, i ribelli lo sfidano: Speranza ministro o alle amministrative sarà scontro

"Rimpasto o sono guai" Sulla Leopolda oscurata il diktat degli anti Renzi

L a fatica del governo e l'ombra dello scandalo bancario appannano un po' gli effetti speciali della sesta Leopolda, che ieri è diventata anche il pretesto per una gazzarra di antagonisti anti-Renzi, con tanto di scontri con la polizia, mentre dentro sfilano i ministri. Assente fino a sera la Boschi, storica madrina dell'happening fiorentino, anche Matteo Renzi nella seconda giornata si fa vedere poco. Sul caso banche tace, resiste alla tentazione di rispondere a muso duro a Saviano per lasciare che oggi sia il ministro Padoan a spiegare la linea del governo e le possibili correzioni al decreto salva-banche.

Il premier sceglie di essere sul palco solo quando si tratta di lanciare un volto nuovo del renzismo, quello di Annarita Leonardi, la giovane candidata sindaco di Platì, in terra di ndrangheta. E poi per annunciare la prossima nascita di un «think tank» dedicato alla formazione dei nuovi democrat, affidato all'inventiva di Giuliano Da Empoli, a lungo suo consigliere a Palazzo Chigi in materia di cultura. Servirà «per far girare idee, per cercare di valorizzare al di là dell'esperienza della Leopolda le storie di tanti di noi», spiega Renzi. Qualcuno la ribattezza subito la «Frattocchie del Pd», dal nome dell'antica e gloriosa scuola di partito del Pci. Ma l'accostamento fa ovviamente rabbrividire i renziani. Sul palco della Leopolda Da Empoli parla di «servizio civile europeo, un modo per provare a costruire per la prima volta una cittadinanza europea». Il think tank «inizierà le sue attività da gennaio e avrà sede a Milano e a Bruxelles fin dal primo giorno, con l'obiettivo di essere europeo», dice. «Quello che cambia il paese sono le trasformazioni silenziose, e la Leopolda è l'X factor delle idee».

Il nome è ancora da definire, Renzi liquida come «inguardabile» quello proposto da Da Empoli («Trolley»), qualcuno azzarda «Boom», qualcun altro «Volta». Prima o poi si deciderà. Sta di fatto che l'idea testimonia che il renzismo sente il bisogno di inventarsi una nuova classe dirigente, che ancora manca. Come testimonia la difficilissima ricerca di personalità da lanciare alle prossime amministrative. Tanto che ieri, quando sul palco ha fatto capolino Vanni Corona, pm in servizio presentato come grande combattente anti-camorra, e parla della necessità di «combattere l'emarginazione nelle periferie», subito il tam tam leopoldino lo dà come futuro candidato Pd a Napoli, l'anti-De Magistris. Mentre la Leopolda celebra i fasti del governo, tra brillanti videoclip e persino un karaoke collettivo sulle note di Azzurro di Paolo Conte (in risposta al filmato di un imam fondamentalista secondo il quale la musica è prodotto del demonio), a Roma si riunisce in un teatro la minoranza anti-renziana del Pd. Per dire no al fantomatico «partito della nazione», e al doppio incarico del premier- segretario. Ma dietro le parole d'ordine ufficiali c'è anche una battaglia più concreta: la minoranza, spiegano nel Pd, vuole un rimpasto di governo e vuole un posto di ministro per Roberto Speranza. Per poter avere voce in capitolo e tenere sotto tiro Palazzo Chigi da posizioni di forza.

Altrimenti, è la minaccia, alle amministrative la Ditta non aiuterà il premier. Del resto, spiegano i ben informati, la candidatura della Balzani a Milano, in funzione anti-Sala, sarebbe stata suggerita a Pisapia proprio da Pier Luigi Bersani.

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