Rivelazione di Mentana: "Berlusconi? Nel '94 disarcionato dai poteri forti"

Il ricordo: "Attorno a Enrico Cuccia si creò un vero partito"

Rivelazione di Mentana: "Berlusconi? Nel '94 disarcionato dai poteri forti"

Roma - È una «strana» cosa il potere in Italia, un complicato «equilibrio tra imprenditoria, istituzioni e partiti». Un organismo composito che rifiuta i corpi estranei e tende a rigettare con energia chi ne minaccia i consolidati intrecci: «Anche per questo», dopo la inaspettata vittoria elettorale del 1994, «hanno disarcionato Silvio Berlusconi».

A descrivere così i fatti di un ventennio e più fa è Enrico Mentana, direttore del Tg di La7 e volto più noto del giornalismo televisivo italiano. Uno che il «potere» del nostro paese da decenni lo osserva, lo conosce, lo frequenta e lo decritta, per raccontarlo ai suoi telespettatori, e che ha conosciuto da vicino anche il percorso di Silvio Berlusconi: nel 1991, tre anni prima della «discesa in campo» del Cavaliere, Mentana passò dalla Rai alla Fininvest e fu tra i fondatori del Tg5, di cui - a soli 36 anni - diventò il primo direttore. Fu lui, nel 1994, a gestire lo storico faccia a faccia tra Berlusconi e il leader della «gioiosa macchina da guerra» Achille Occhetto, segretario del Pds. E a Mediaset rimase fino al 2009. Intervistato dal Fatto Quotidiano, Mentana parla a 360 gradi di politica e di giornalismo, di storia e attualità italiana, e di potere, appunto. «È sempre stato strano per via della partitocrazia, quindi un equilibrio tra imprenditoria, istituzioni e partiti, dove questi ultimi decidevano. Tanto è vero che a un certo punto il mondo dell'economia e della finanza ha creato un proprio partito attorno a Enrico Cuccia», il mitologico e riservatissimo patron di Mediobanca scomparso nel 2000.

In questo quadro, racconta il direttore del Tg7 al Fatto, arrivò - dopo il terremoto di Tangentopoli - Silvio Berlusconi, con la decisione di scendere in politica in prima persona e con il sorprendente boom elettorale del '94: «Da sempre (Berlusconi, ndr) aveva chiaro un punto: doveva semplificare. E quando ha vinto le elezioni, lo choc per la classe dirigente di allora è stato di perdere i posti di controllo. Anche per questo lo hanno disarcionato».

Non parla certo di trame giudiziarie, Mentana, né denuncia complotti, concetto cui è piuttosto allergico, piuttosto descrive - e sul quotidiano che dell'antiberlusconismo viscerale ha fatto il proprio core business - una reazione della «classe dirigente» in senso lato a chi veniva percepito come un rischio per i suoi equilibri. Del resto, aggiunge, il vero potere difficilmente è dei leader politici: «Chiunque arriva al governo non sa come muoversi, come mettere in pratica le promesse elettorali».

A comandare sono spesso i «mandarini» degli apparati pubblici, quei «tecnici» che detengono le chiavi dell'amministrazione. E Mentana va controcorrente anche su Matteo Renzi: è una sciocchezza accusarlo di aver «distrutto» il Pd. Anzi: «Gli ha allungato la vita: il Pd di Bersani sarebbe arrivato allo stesso punto di oggi, ma prima».

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