Arrivano dalla Basilicata, dalla Puglia dal Friuli Venezia Giulia. È la trincea dove si aspetta un virus che spaventa il mondo, la prima linea di chi sa che prima o poi, come un'esplosione, l'allarme potrebbe scattare anche in Italia. L'angolo delle preoccupazioni è diventato quasi un blog, sul sito www.infermieristicamente.it del sindacato degli infermieri Nursind: «Ebola. L'epidemia sotto l'osservazione degli infermieri». Scrivono anonimi operatori. A volte poche righe, altre lettere alla ricerca di conforto. Mancano corsi, attrezzatura e soprattutto consapevolezza. Qualche volta si danno notizie su città che invece si stanno attivando per l'emergenza. In Sicilia, la regione che accoglie gli immigrati che arrivano dal mare, gli operatori garantiscono che la prevenzione è avanzata e in molti ospedali della provincia di Catania il piano di emergenza è già a buon livello.
Il primo esempio dal sud, anche se non c'è distinzione tra aree geografiche: l'Italia in molte città è in ritardo sull'ebola. Ecco la segnalazione di un infermiere del 16 ottobre «dalla provincia di Bari» nell'angolo online dell'ebola: «Al momento attuale la Regione Puglia non ha ancora emanato alcuna disposizione. A disposizione delle aziende vi sono le raccomandazioni ministeriali». Più avanti si avverte: «Non ci sono locali per ospitare i pazienti e-o gli operatori che necessitano un periodo di quarantena». Manca anche una formazione specifica, in molti ospedali.
A Roma i corsi sono partiti, e soprattutto allo Spallanzani, centro di riferimento nazionale per l'emergenza. Ma preoccupa la mancanza di attrezzature idonee per trattare l'eventuale arrivo improvviso di un infettato dal virus. Un infermiere del reparto di radiologia da Formia registra: «Non abbiamo ancora nessuna indicazione in merito al comportamento che noi operatori dovremmo adottare». Mancano «notizie sul nostro territorio nonostante la numerosa presenza di extracomunitari nella nostra zona». Dal Savonese, invece: «Il responsabile e la coordinatrice del PPI dove lavoro si sono messi all'opera per far sì che tutto sia pronto». Ma la tuta necessaria al trattamento dei pazienti contagiati dall'ebola è ancora un oggetto quasi sconosciuto: «Sono iniziate le prove di vestizione e svestizione della tuta... Vi assicuro che stare con tutta questa roba addosso non è piacevole, manca l'aria. Mi sono dovuta concentrare molto per controllare la respirazione».
In altri posti, invece, a mancare è addirittura un esperto generico in malattie infettive: all'azienda Asl 6 di Sanluri «niente di niente!», scrive l'infermiere che segnala: «Non è previsto nessun operatore sanitario specialista in rischio infettivo».
In provincia di Rimini il Nursind ha inviato due note alle autorità, dal Comune alla Regione, oltre che alla Asl, chiarendo che «la non perfetta applicazione dei protocolli rappresenta una concreta e pericolosissima minaccia per gli infermieri». Si chiedono quindi «interventi immediati di informazione e formazione del personale» oltre alla «fornitura di tutti i dispositivi di protezione individuale già indicati e imposti dal ministero della Salute». Ancora dal blog degli infermieri: un'operatrice del Policlinico universitario Monserrato di Cagliari lamenta: «Ciò che mi sembra è che tutto è affidato al caso, e medici e infermieri sperano che non arrivino casi anche in Sardegna. È quindi necessario che al più presto venga fatta formazione».
Infine nel pronto soccorso del Delta di Lagosanto
(provincia di Ferrara) è stata predisposta «una stanza all'interno del corridoio delle degenze (vegognoso) dove gli operatori di triage dovrebbero vestire il paziente senza potersi lavare le mani (non vi è lavandino)».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.