La rivolta dei precari: i deputati blindano gli ultimi 80mila euro

Sei mesi di mensilità valgono lo sgambetto di chi non vuole mollare scranno e benefit

La rivolta dei precari: i deputati blindano gli ultimi 80mila euro

Duecentosettanta sì, 256 no. Vincono gli onorevoli precari e salta l'accordo sulla legge elettorale, sotto il fuoco dei franchi tiratori del Pd e, soprattutto, del M5s. Il patto che sembrava destinato a durare crolla miseramente con il via libera dell'Aula a un emendamento firmato da Michaela Biancofiore, passato con il parere contrario della Commissione. Addio Tedeschellum, più che per la politica, per i soldi. Perché è stata decisiva la rivolta di quanti sentono lo scranno di Montecitorio scivolare loro sotto le terga, un cospicuo plotoncino di esecuzione che, con la complicità del voto segreto, ha pensato bene di affondare l'accordo sulla legge e, con buona probabilità, la prospettiva di un voto anticipato al prossimo settembre.

Il primo problema degli onorevoli precari era proprio la legge elettorale. Per il Pd, l'addio al premio di maggioranza vuol dire una perdita secca di decine di seggi. E a qualche dem la prospettiva di dire addio alla Camera non dev'essere andata giù. Quanto al Movimento, non è un mistero che Grillo ha in mente un vasto ricambio - anche per la logica stessa del M5s - nelle liste elettorali grilline in vista della prossima chiamata alle urne. Per molti deputati pentastellati, insomma, restava solo una breve estate da trascorrere a Montecitorio. E dunque, quando si è presentata l'occasione buona, il fuoco trasversale ha fatto secco il Tedeschellum, per lo scorno del Pd - ma anche dei vertici grillini - e per la gioia degli esodati (per ora) mancati.

Questi ultimi, in effetti, fatti due conti in tasca, hanno di che gioire, prima di finire rispediti a casa. Lo stipendio di un parlamentare, sommando indennità, diaria e rimborsi vari, si aggira sui 13mila euro netti al mese. E se il crollo del patto sulla legge elettorale farà davvero slittare il voto fino alla scadenza naturale della legislatura (che è a febbraio del 2018), questo vuol dire altri 5-6 mesi di stipendio assicurati per i deputati. Anche per quelli che, dopo, si ritroveranno costretti a tornare al proprio lavoro, sempre che ne abbiano uno. E un semestre di buste paga onorevoli non sono briciole, per i precari della politica, visto che si parla di circa 80mila euro netti da mettersi in tasca, forse qualcosa di più considerato l'assegno di fine mandato che dovrebbe lievitare anch'esso.

In tempi di crisi il ritocco alle proprie finanze è di tutto rispetto, 80mila euro sono un movente potente. Significa garantirsi più di 50 mensilità, considerando come metro di paragone lo stipendio medio, che in Italia si aggira sui 1.500 euro netti. Una rendita di quattro anni e passa (al netto delle «restituzioni» a Cinque Stelle, che però non sono così certe, soprattutto da parte di chi non si è fatto scrupolo di mandare all'aria l'accordo), insomma, val bene uno sgambetto, avrà pensato chi sa di essere destinato a tornare a breve alla sua vita «normale». C'è chi ha fatto solo politica e teme il salto nel buio.

E chi invece si è trovato in Parlamento quasi per caso, saltando al momento giusto sul carro pentastellato, e ha poca voglia di scendere. Facile abituarsi agli agi della tanto odiata casta. Facile, quando si è presentata l'occasione, votare di conseguenza e pregustare un semestre aggiuntivo di «lavoro» nella capiente Aula di Montecitorio.

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