Davanti al gip Gaspare Sturzo non parla, ma i suoi avvocati hanno ben chiara la strategia da seguire per ribaltare il tavolo: da grande corruttore a vittima di un sistema dove gli appalti pubblici più importanti, come quelli Consip, andavano sempre ai soliti gruppi padroni del mercato, come le coop rosse, la Manutencoop e la Cofely. Per gli altri solo briciole. Tanto che Alfredo Romeo lo scorso aprile aveva depositato in Consip un esposto contro «questi grossi raggruppamenti illeciti», inviato anche all'Anac e all'Antitrust, in cui denunciava questo modus operandi che lo penalizzava.
All'interno della centrale d'acquisto della pubblica amministrazione, insomma, l'imprenditore napoletano arrestato per corruzione era un «emarginato» non un «privilegiato». Uno che veniva regolarmente «fregato», per dirla con le parole dei suoi legali. E quei 100mila euro in tre anni che, secondo l'accusa, Romeo avrebbe consegnato al dirigente Consip Marco Gasparri per le sue «dritte» sugli appalti, non sarebbero altro che «consulenze private sul perfezionamento dei calcoli per presentare le offerte». E poi, oltre al fatto che «non ci sarebbe alcuna prova dei versamenti», per i difensori ci sarebbe «una sproporzione tra la somma data a Gasparri a fronte di un appalto da 2,7 miliardi di euro». Questo e altro gli avvocati Francesco Carotenuto, Giovanni Battista Vignola e Alfredo Sorge hanno scritto in una memoria depositata per dimostrare che Romeo non ha mai corrotto nessuno e mai incontrato Tiziano Renzi. I legali hanno anche chiesto la revoca dell'arresto. E se nelle intercettazioni Romeo sembra dimostrare il contrario, come in quella del 6 dicembre in cui parla «dell'ultima volta in cui aveva incontrato Renzi», è perché certe conversazioni vanno «contestualizzate»: «Possono anche essere delle frasi per capire la sincerità del proprio interlocutore, per tarare la sua attendibilità anche sparando una bugia o una millanteria. All'alta politica Romeo non intendeva arrivarci e non c'è mai arrivato».
Il procuratore aggiunto Paolo Ielo sospetta il contrario e vuole verificare se il papà dell'ex premier e l'imprenditore fiorentino Carlo Russo, entrambi indagati per traffico di influenze, abbiano cercato appunto di influenzare l'ad di Consip, Luigi Marroni, in cambio di denaro. Venerdì Renzi senior è stato interrogato e ha negato tutto, Russo invece non ha risposto ai pm, come ieri Romeo. Il silenzio, d'altra parte, è una delle virtù che Russo, intercettato, riconosce all'imprenditore napoletano che il 3 agosto 2016 gli chiede una mano a migliorare la propria immagine con i vertici Consip. Per rincuorarlo, «Russo lo interrompe - scrivono gli investigatori - e riferisce al Romeo che durante l'ultimo incontro avuto con Luca (verosimilmente Luca Lotti)» ha messo in evidenza proprio il fatto che l'imprenditore «è stato 70-80 giorni dove è stato» - ossia in galera, per un precedente giudiziario - «e non ha fatto pio». Ossia non ha aperto bocca.
Sono tantissime le conversazioni tra i protagonisti della vicenda da interpretare.
Ieri Roberto Bargilli, l'autista del camper di Matteo Renzi ai tempi delle primarie, ha spiegato il senso della sua telefonata a Russo in cui gli chiedeva di non chiamare più il «babbo» due giorni dopo che il telefono si Tiziano Renzi era stato messo sotto controllo: «Gli mandai un messaggino su richiesta di Tiziano che era stressato da lui, perché continuava a cercarlo, per chiedergli di non infastidirlo più».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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