Ruby, l'ultima spiaggia dei pm per nascondere il fallimento

La Procura di Milano ci riprova, ma sinora ha collezionato solo flop

Ruby, l'ultima spiaggia dei pm per nascondere il fallimento

Era l'inchiesta finale, quella che doveva chiudere per sempre i conti tra la Procura di Milano e Silvio Berlusconi. A cinque anni di distanza dallo scoop del Fatto che ne rivelò al mondo l'esistenza, cosa resta del caso Ruby? Un solo condannato, Lele Mora, e una serie di assoluzioni e proscioglimenti.

La decisione dei pm milanesi di chiedere di processare nuovamente Berlusconi (proprio ieri il Cavaliere ha fatto i conti: «È il sessantaseiesimo attacco della magistratura in 21 anni di politica»), stavolta con l'accusa di corruzione in atti giudiziari, cioè di avere comprato i testimoni a suo favore, è l'ultima chance per evitare che tutto si risolva in nulla. E nelle stesse carte della Procura, che ha chiesto l'archiviazione del processo a molti indagati, si può leggere la storia di come verità date per assodate si siano sgonfiate strada facendo.

LE PRESSIONI SULLA PS

Per essere intervenuto sui vertici della Questura di Milano, dove Ruby era stata portata la notte del 27 maggio 2010, Berlusconi è stato condannato in primo grado a sei anni e quattro mesi di carcere per concussione. Già le sentenze d'appello e di Cassazione escludevano che vi fossero state pressioni illecite. Ma ora i pm hanno chiesto e ottenuto il proscioglimento di altri due protagonisti di quella notte, il capo della scorta di Berlusconi, Giuseppe Estorelli, e il deputato Valentino Valentini, che viaggiava sull'aereo del premier. «Sul contenuto e sul tenore delle telefonate vige grande incertezza», scrive il giudice Stefania Donadeo, sconfessando la tesi sostenuta per anni dalla Procura.

LA FACCENDA MUBARAK

Bruno Archi, ambasciatore, aveva testimoniato sulla cena tra Berlusconi e Mubarak, nel maggio 2010, dicendo che si era effettivamente parlato di una ragazza di nome Ruby: e per questo era finito sotto processo. Il giudice scrive che non si può escludere che le cose siano davvero andate così: «La domanda sull'eventuale parentela di Ruby con Mubarak, che Rheda (l'interprete ufficiale, ndr) nega di avere tradotto, potrebbe essere stata in teoria tradotta dall'altro interprete».IL RILASCIO DI RUBYSulle modalità con cui la Questura di Milano decise infine di rilasciare Ruby affidandola alla consigliere regionale Nicole Minetti si sono scritte tonnellate di inchiostro e si sono consumate udienze interminabili. Nel corso del primo processo Giorgia Iafrate, la funzionaria che dispose la consegna di Ruby, ha testimoniato di avere fatto tutto di testa sua, «ho agito nell'interesse della minore, nell'ambito dei miei poteri di pubblico ufficiale», spiegando di non avere mai nemmeno saputo di una telefonata di Berlusconi. Anche lei incriminata per falsa testimonianza, anche lei prosciolta: ha detto la verità.

MAGGIORENNE O MINORENNE

Già la Corte d'appello e la Cassazione, assolvendo Berlusconi, avevano scritto che non c'era alcuna prova che il Cavaliere conoscesse la vera età di Ruby. Ora il giudice Stefania Donadeo archivia l'indagine per falsa testimonianza contro Antonio Passaro, il quale aveva negato anche lui di sapere che la ragazza era minorenne, nonostante che in una telefonata Ruby gli rivelasse la sua età: «La circostanza che Passaro non prendesse in considerazione quanto affermato dalla ragazza appare dunque astrattamente credibile, a partire dall'età stessa di Ruby. Non si dimentichi che quando i due si erano incontrati Ruby gli aveva detto di avere 26 anni».

SESSO O AMMICCAMENTI?

Le sentenze che hanno assolto Berlusconi danno comunque per assodato che le serate nella sua villa di Arcore avessero un «contenuto prostitutivo». È l'unico punto su cui la versione del Cavaliere non è stata creduta: «Gli atti di carattere sessuale dei quali possa ritenersi raggiunta prova certa sono esibizioni licenziose, toccamenti del seno, glutei o di altre parti intime (coperte o denudate), bagni di gruppo in piscina, baci, ammiccamenti», scrivono i giudici della Corte d'appello.

Ma le dichiarazioni di chi ha sostenuto di avere assistito a scende di sesso vero e proprio vengono liquidate dai giudici come «fantasiose», nel caso di Ruby, o addirittura come menzogne a fini economici: è il caso di Marystelle Polanco, che spiegò a una giornalista inglese di avere visto con i suoi occhi episodi a luci rosse, e di cui ora il giudice Donadeo scrive: «L'inequivocabile avidità che contraddistingue l'indagata Polanco rende credibile che ci si trovi di fronte ad un ennesimo tentativo di guadagni illeciti, e inficia irrimediabilmente la portata probatoria delle sue dichiarazioni».

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