Cronache

Salò, champagne a bordo poi l'incidente e il video dove non si reggono in piedi

I tedeschi, accusati di omicidio colposo, sono già tornati in patria. Eseguita l'autopsia su Greta: morta annegata, si poteva salvare

Salò, champagne a bordo poi l'incidente e il video dove non si reggono in piedi

Il titolo della Bild è un atto d'accusa senza se e senza ma: Nach diesem champagner rasten sie swei menschen tot. Tradotto: Dopo questo champagne hanno ammazzato due persone.

I due tedeschi, accusati di aver provocato la morte il 19 giugno di Umberto Garzarella, 37 anni, e di Greta Nardotti, 25 anni, travolti nelle acque del golfo di Salò, dopo la sciagura sono riusciti rapidamente (fin troppo rapidamente) a tornare in Germania, ma i media locali non sembrano fargli sconti. Anzi. La foto del «cin cin» tra i due amici 52enni pubblicata dalla Bild si riferisce a prima della tragedia e, da un punto di vista strettamente giudiziario, non rappresenta una prova di colpevolezza. Ben più gravi sono invece le immagini di un video (successivo all'incidente mortale) agli atti dell'inchiesta, con la coppia tedesca indagata per omicidio colposo e omissione di soccorso: nei frame si vedono i due rientrare in porto col motoscafo; entrambi sono malfermi sulle gambe, tanto che uno, perdendo l'equilibrio, finisce in acqua. Colpa dell'alcol bevuto prima, durante e dopo quella sciagurata navigazione? Erano ubriachi? Una cosa è assodata: la piccola barca dei due giovani italiani che hanno perso la vita è stata travolta dall'imponente scafo dei due tedeschi. Dei quali uno ha accettato l'alcotest (risultato negativo), mentre all'altro è stato, incredibilmente, consentito di non sottoporsi all'esame. Non solo. Con due morti sulla coscienza, alla coppia di facoltosi turisti made in Germany è stato permesso di rientrare in patria a poche dalla disgrazia.

Ma la Bild non sembra condividere la linea eccessivamente soft seguita dalle autorità italiane. E va giù duro: «Una bottiglia di spumante, una gita in motoscafo: questi due tedeschi volevano godersi La Dolce Vita in Italia. Ma alla fine del viaggio degli uomini c'erano due morti».

I due turisti sono stati fotografati alcune ore prima dell'incidente, mentre brindavano a bordo della lussuosa imbarcazione sportiva di proprietà di uno dei due.

Dopo avere visto la partita Portogallo-Germania - questa la ricostruzione agli atti dell'inchiesta -, i due uomini avrebbero ammirato il passaggio della gara automobilistica Mille Miglia a bordo della barca e quindi avrebbero fatto rotta verso il Centro Nautico per attraccare.

Ma in questa fase di rientro il motoscafo avrebbe viaggiato a velocità troppo sostenuta, finendo col travolgere violentemente il gozzo su cui si trovavano Umberto e Greta, uccidendo sul colpo il 37enne e sbalzando in acqua la 25enne deceduta per annegamento, come accertato ieri dall'autopsia. L'imbarcazione pirata è stata perquisita, ma senza trovare tracce di alcolici; ma sbarazzarsi di bottiglie e bicchieri «compromettenti» non sarebbe stato certo un problema per chi aveva qualcosa da nascondere.

Al momento l'ipotesi di omicidio colposo è quella più blanda e che, in punta di diritto, ha permesso ai turisti di lasciare l'Italia col semplice status di «indagati a piede libero». Diversa la situazione se la magistratura avesse deciso di formalizzare l'accusa di omicidio doloso, configurando contro di loro responsabilità ben più pesanti. Un'eventualità da non escludere, ma solo nel caso che essa venga corroborata dall'esito della conclusione degli accertamenti tecnici, al momento ancora in corso.

Intanto la coppia dei turisti hanno messo a verbale di «non aver visto l'imbarcazione con a bordo i due giovani bresciani» e di «essere sempre stati convinti di aver speronato un tronco od uno scoglio».

E il repentino allontanamento dopo l'impatto? «In nostro scafo non aveva subito particolari danni, per questo abbiamo proseguito la navigazione».

Ma basterebbe dare un'occhiata a com'era ridotta la barca dei due italiani, per capire che la versione dei tedeschi è forse solo una cinica bugia.

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