Salvini alla sbarra in Senato: ecco perché rischia grosso

L'accusa dei pm può comportare una pena sino a 12 anni. E trascinare a giudizio il premier non lo salva

Salvini alla sbarra in Senato: ecco perché rischia grosso

C omunque vada, sarà un successo: almeno per l'Auditel. Il processo a Matteo Salvini, cui il Senato a meno di sorprese darà oggi il via libera, sarà la prima, spettacolare incursione giudiziaria nella vita di un governo repubblicano, una vivisezione in diretta tv di quell'organismo complesso che è un Consiglio dei ministri. Ed è ovvio che Salvini farà tutto il possibile perché le udienze si trasformino in una gigantesca tribuna elettorale da cui sventolare la linea della tolleranza zero contro sbarchi e scafisti.

Ciò premesso, sarà anche un processo in piena regola, e tutt'altro che simbolico. L'imputato Matteo Salvini dovrà difendersi da una imputazione da brivido: sequestro di persona pluriaggravato. La prima aggravante, l'avere agito quando era ministro dell'Interno e pertanto pubblico ufficiale «con abuso dei suoi poteri e delle sue funzioni», alza la pena fino a dieci anni; la seconda, «se il fatto è commesso in danno di un minore», porta l'asticella fino a dodici anni. E di minorenni a bordo della nave Gregoretti ce n'era sicuramente più d'uno. Il «Capitano» rischia insomma una condanna che se diventasse definitiva lo spedirebbe in carcere, ben oltre i limiti della condizionale e dell'affidamento ai servizi sociali.

Che lo scenario sia giudiziariamente assai pesante lo si era visto nei giorni scorsi, quando l'avvocato-deputato Giulia Bongiorno era intervenuta su Salvini per frenare una certa spavalderia con cui il leader leghista stava affrontando la richiesta di processarlo. Anche perché la linea finora sostenuta da Salvini, ovvero di avere agito di concerto col resto del governo e in primis col presidente del Consiglio, potrà funzionare mediaticamente e politicamente, ma rischia di essere irrilevante o quasi nel processo. Con il voto di oggi, il Senato sancirà che bloccando al largo la nave della Guardia costiera Salvini non agì «per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante». Questo - piaccia o non piaccia - è un punto di non ritorno, che rende l'ex ministro pienamente imputabile. Se Salvini dimostrasse che Conte era d'accordo, potrebbe al più trascinare il premier nel processo ma non salverebbe se stesso.

Tutto nero, dunque, lo scenario per il leader leghista? Non proprio. E per un motivo semplice: a giudicarlo non saranno gli stessi magistrati che hanno chiesto al Senato di poterlo processare. A portare Salvini sul banco degli imputati sono stati i giudici del tribunale dei ministri di Catania, presieduto da un esponente storico di Magistratura democratica, che aveva rifiutato la richiesta di archiviazione del fascicolo avanzata dalla procura della Repubblica. Gli stessi giudici hanno compiuto una serie di indagini, interrogando testimoni e acquisendo documenti. Ma per legge, non potranno essere loro a celebrare il giudizio. Salvini verrà processato da una sezione ordinaria del tribunale di Catania. E qui può sperare in un trattamento più comprensivo. A rappresentare l'accusa, d'altronde, ci sarà la stessa Procura che aveva proposto il suo proscioglimento. Ma qualunque profugo si trovasse a bordo della Gregoretti potrebbe costituirsi parte civile, e così pure qualche Ong, e chiedere la condanna.

A rendere spettacolare il processo sarà anche la lista dei testimoni chiamati in aula da accusa e difesa, che si annuncia lunga e piena di nomi illustri. Il più importante sarà sicuramente quello di Giuseppe Conte, presidente del Consiglio sia oggi che nei giorni cruciali della vicenda, quando tra il 27 e il 30 luglio 2019 alla nave con cento migranti a bordo venne impedito di attraccare nel porto di Augusta. E in aula verranno chiamati probabilmente a testimoniare anche altri ministri, di cui Salvini è convinto di poter dimostrare - sulla base di documenti in suo possesso - la piena convergenza sulla linea intrapresa dal Viminale e condivisa collegialmente dal governo: e qui la testimonianza-clou si annuncia quella di Luigi Di Maio, allora vicepremier e oggi fautore dell'impeachment dell'ex collega.

Una cosa è certa: prima che

si arrivi a una sentenza definitiva si dovranno aspettare anni tra primo grado, appello e Cassazione. La nuova legge sulla prescrizione non si applica, ma il sequestro di persona è un delitto che non si estingue in fretta.

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