Salvini si ferma al 12% e svia l'attenzione sul Pd: "L'abbiamo battuto 6-0"

La Lega non stravince ma il vicepremier esulta e assicura: "Il governo? Nulla cambia"

Salvini si ferma al 12% e svia l'attenzione sul Pd: "L'abbiamo battuto 6-0"

Matteo Salvini non riesce a fare il bis: l'exploit clamoroso registrato in Abruzzo, 27,5, non si è ripetuto e la Lega in Sardegna si ferma sotto il 12 per cento. Sicuramente il segnale di una battuta d'arresto, la prima nella lunga cavalcata che ha visto i voti della Lega crescere in modo esponenziale mentre quelli di M5s si assottigliavano. Il «capitano» non si aspettava per il suo Carroccio questo risultato che apre anche una serie di interrogativi sul futuro del governo e della Lega. Anche se i voti di alcune liste civiche e soprattutto quelli del Partito sardo d'Azione sono già stati promessi alla Lega quando si andrà alle urne per le europee. Con il Psd'Az, fa notare Salvini, si sale al 22 per cento e dunque non ci sono dubbi sul successo del Carroccio. «In Sardegna abbiamo vinto contro la sinistra. Dalle elezioni politiche a oggi se c'è una cosa certa è che su sei consultazioni elettorali, la Lega vince 6 a zero sul Pd - taglia corto il ministro dell'Interno -. Non mi pare ci sia stato un flop della Lega».

Quello della Lega non sarà un flop ma in termini percentuali ha preso meno del Pd, 13. E non ci sono dubbi sulla débâcle di M5s precipitato sotto il 10. Una crisi che non condizionerà il cammino dell'esecutivo, assicura Salvini. «La mia parola vale per 5 anni non per 5 mesi», afferma e sostenendo pure che non ritiene ci sia bisogno di consolare l'altro vicepremier lo sconfitto Luigi Di Maio. «Con il voto in Sardegna per il governo non cambia nulla, siamo tranquilli e lavoriamo ai prossimi passaggi economici -insiste Salvini - E Di Maio non lo devo confortare io».

Salvini però già domenica pomeriggio doveva aver capito che aria tirava visto che aveva continuato a postare appelli sui social invitando i sardi ad andare alle urne. Il risultato è deludente per il vicepremier tenendo conto sia della sua martellante esposizione mediatica sia della sua campagna elettorale sul territorio durante la quale si è speso, cittadina per cittadina, ingozzandosi di pecorino e altri prodotti tipici e accumulando decine di selfie con i potenziali elettori. Ai pastori sardi però i selfie e le colazioni con il pecorino non sono bastate. Salvini aveva accolto una delegazione di pastori il 12 febbraio scorso al Viminale promettendo loro di risolvere la questione del prezzo del latte «in 48 ore». Inevitabile per il ministro dell'Interno pagare in termini di voti la promessa non mantenuta. La questione tutt'ora non è risolta e molti pastori produttori di latte hanno tenuto a far sapere che a votare non ci sono proprio andati. Chissà se poi viste le percentuali deludenti a Salvini sarà andato di traverso il piatto di «cavoli bolliti con olio e finocchi crudi, sempre con olio, tutti raccolti in Sardegna» che aveva postato a urne aperte. Intanto i pastori sono stati riconvocati al Viminale nei prossimi giorni.

Il vicepremier comunque esulta su Facebook: «Anche in Sardegna, dopo il Friuli Venezia Giulia, il Molise, Trento, Bolzano e l'Abruzzo i cittadini hanno scelto di far governare la Lega. E come in Abruzzo anche in Sardegna è la prima volta che ci presentiamo alle Regionali». Ma sono proprio le ultime vittorie in Abruzzo ed in Sardegna mettono a nudo il nodo politico. Come può la Lega continuare ad essere contemporaneamente il dottor Jeckyll e Mister Hyde? Alla lunga anche Salvini rischia di logorarsi a forza di tenere il piede in due staffe: al governo nazionale con i Cinquestelle e al governo nelle regioni e nei comuni con Silvio Berlusconi, Fi, e Giorgia Meloni, Fdi. E queste ultime elezioni sembrano dare ragione a chi dice che la Lega non può fare a meno di tornare a tempo pieno nel centrodestra.

Per il senatore azzurro, Francesco Giro: «Adesso tutto può accadere». Giro ritiene che dal voto emergano due dati: «Il crollo disastroso dei 5 Stelle e un certo rallentamento dell'effetto Salvini» che prelude secondo Giro a possibili sorprese.

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