Confcommercio chiede impegni concreti sul fronte delle tasse, a partire dalla rinuncia agli aumenti dell'Iva. Carlo Calenda, ministro allo Sviluppo economico, assicura che non ci saranno. Il presidente Carlo Sangalli critica la soluzione trovata per sostituire i voucher. E anche in questo caso il ministro risponde. Calenda si sbilancia e promette il suo impegno addirittura sull'Imu. Sempre precisando che sul governo pesa una incognita enorme. Tutto è possibile, precisa, sempre che «ad agosto non stiamo tutti a casa a fare altro».
L'assemblea 2017 di Confcommercio è stata gravata dalle incertezze politiche, che non a caso hanno trovato spazio nella relazione di Sangalli. «Siamo interessati a una buona legge elettorale, che guardi al futuro. Che sia cioè condivisa, capace di garantire rappresentatività e governabilità». Serve stabilità, quindi. Sangalli non dà una ricetta come ha fatto Vincenzo Boccia di Confindustria indicando un modello maggioritario.
Alle piccole imprese preme semmai avere un interlocutore affidabile e stabile per affrontare i principali nodi dell'economia italiana. In primo luogo l'eccessiva pressione fiscale. C'è la minaccia delle clausole di salvaguardia. «Con l'aumento dell'Iva scenderebbe il grande inverno dei consumi sul nostro Paese», è l'avvertimento di Sangalli. «Ci preoccupano tutte le ipotesi di scambio tra aumento dell'Iva ed altre misure fiscali. L'aumento dell'Iva non è barattabile», ha aggiunto tra gli applausi dei 2mila delegati. La risposta di Calenda arriva puntuale (e preparata). «L'Iva non verrà aumentata. Ve lo dico dopo che stamattina ho parlato con il presidente del consiglio Gentiloni e il ministro dell'Economia Padoan».
Nel complesso secondo la principale organizzazione del commercio, «il nostro sistema fiscale è troppo oneroso, complesso, ingiusto». Anche qui c'è una risposta del ministro. Se si potrà tagliare una imposta, molto meglio abolire l'Imu sugli immobili strumentali che abbassare l'Irpef.
Poi c'è la vecchia questione dei contributi Inps per la malattia. In sintesi, i commercianti versano per la malattia dei dipendenti circa un miliardo in più rispetto al necessario. Anche su questo Calenda assicura l'impegno e indica due strade: una legge e una rimodulazione delle aliquote. Critiche al governo sui nuovi voucher. «Soluzione parziale, vittima di troppe mediazioni, temiamo non colpisca il bersaglio». Perché escludere «le imprese sopra i cinque dipendenti? Perché si è complicato uno strumento quando bastava rafforzare i controlli?».
Su questo fronte Calenda ammette che c'è molto da fare. «Abbiamo cominciato a fare un primo passo, per voi è fondamentale». È la promessa di fare altro, che potrà essere mantenuta, sempre che il governo resti in carica.
Periodo difficile per le partite Iva e per i professionisti in genere. Ieri si è tenuta l'Assembela generale dei commercialisti. È stata presentata un'indagine della Fondazione nazionale dei commercialisti dalla quale emerge che il «70% dei guadagni degli studi dei commercialisti italiani va in costi legati alla gestione degli adempimenti fiscali. Gli adempimenti fiscali considerati dal sondaggio sono la tenuta della contabilità, la dichiarazione dei redditi, lo spesometro, le liquidazioni periodiche iva, i modelli Intrastat, le comunicazioni dei dati per il 730, le certificazioni uniche, la fiscalità locale, le lettere per la compliance e gli avvisi bonari. I costi dello studio tipo sono pari a 61.500 euro annui. Oneri che colpiscono una professione già in profonda crisi.
Insoddisfazione anche per i tavoli avviati con il governo.
Tanto che il Consiglio Nazionale dei Commercialisti, generalmente prudente, si è di fatto schierato a favore dello sciopero. Non c'è più «nessun argomento contrario può essere opposto a colleghi che invitano a uno sciopero degli intermediari fiscali», ha spiegato il presidente nazionale dei commercialisti Massimo Miani.
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