Sbadigli di branzini e lenticchie alla julienne. L'haute cuisine da ridere di chef Laqualunque

Laqualunque Il comico Albanese prende in giro le esagerazioni della supergastronomia proponendo una serie di esilaranti ricette con lo pseudonimo di Alain Tonné

Sbadigli di branzini e lenticchie alla julienne. L'haute cuisine da ridere di chef Laqualunque

Più che Alain Tonné preferisco chiamarlo «Chef laqualunque». Questo è il primo libro, dopo i monologhi teatrali trasferiti in cartaceo, di Albanese Antonio da Olginate. Un testo sacro come l'osso, il miglior ricettario in circolazione, quattordici capitoli, anzi show cooking per seguire la moda, senza illustrazioni ma corredate dalla genialità di un attorcomico che demolisce il palazzo di carta velina di chef stellati e affini. Non se ne può più davvero di piccoli chimici e grandi conti a fine pasto o similpasto. Non se ne può più di ingredienti reperibili in un bazar azero di Saki e cotture che nemmeno negli altiforni dell'Ilva. Albanese ha raccolto le idee frequentando trattorie e locande, ristoranti che non ristorano affatto se non il portafoglio del titolare, ha tenuto a mente cibi, proposte, menù che invitano al frettoloso distacco dal locale per la più vicina rosticceria. D'accordo dentro e dietro ogni cucina c'è il lavoro, c'è il sacrificio, aggiungo io anche il nonnismo che è schifoso, violento, volgare ma fa trés chic e soprattutto invita, anzi impone l'omertà. Dunque il racconto farneticante (fernet-icante sarebbe più giusto) e demenziale fa tornare alla mente le ore felici e pazzesche trascorse con le pagine di Villaggio Paolo e il suo primo libro, lo «sguardo lattiginoso da pipistrello, certo Fantozzi». Qualcosa di mostruosamente irresistibile, come lo stesso Tonné che è un aggettivo che noi italiani usiamo spesso abbinato al «vitél», francesizzando qualcosa che per i francesi è inesistente, senza significato (semmai sarebbe «Escalope de veau à la sauce de thon» ma loro, per sbatterci in faccia la ricetta lo chiamano vitello tonnato, all'italiana, voilà). In verità è roba di madrelingua piemontese o lombarda, Parigi non c'entra un fico secco e per favore non traducete letteralmente. Del resto anche da studenti goliardi, prima che apparisse la turba di chef, ordinavamo ai camerieri di ristoranti londinesi, alcuni prodotti della nostra cucina, così horse cheese, beautiful country e milk cream water lasciavano sgomenti i commis, eppure si trattava di caciocavallo, di Bel Paese e di acqua Panna. Albanese è andato oltre, perché la ricetta per un single celiaco è geniale, dice: Sbadiglio di branzino al timo, ingredienti, un branzino per celiaci mediamente maturo, una pentola per celiaci, una forchetta per celiaci, un coltello per celiaci, un cucchiaio, per celiaci, di olio extravergine di olive di Cernobbio, Timo quanto basta, acqua distillata dell'Himalaya, un chicco di cristallo di minerale salino. E perché non provare, cari masterchef, i granchi spossati al cedro? E perché no, il brodo alla griglia (un tronco di sedano immaturo, un chilo di pomodori ramati contemporanei, 4 carote della cascina Paradiso di Menguzzo sull'Oglio del Garda, 2 cipolle dorate di Pantelleria, pepe nero nero, zenzero tostato quanto basta, un cucchiaio di zucchero dell'Himalaya)?

Mi viene un dubbio atroce.

Potrebbe anche darsi che qualche chef, di quelli intoccabili per eredità e guide varie, di quelli che non si ricordano che stanno cucinando e Matisse, Van Gogh, Mozart e Beethoven erano e sono un'altra cosa, uno di questi qui, insomma, rubi le idee, le ricette intendo, e proponga, al fine, le lenticchie alla julienne o i tortelli al colombaccio impotente. Non si sa mai, perché Alain Tonné esiste ed è tra noi, nascosto dietro la salamandra. Mica quella che scalda i piatti. Proprio l'anfibio.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica