Cronache

Scafisti su Facebook, ora scatta l'inchiesta

On line c'è il calendario delle partenze. Lo Sco: "Indaghiamo, spesso sono truffe"

Scafisti su Facebook, ora scatta l'inchiesta

Ormai non si nascondono più, organizzano viaggi dalla Libia all'Italia alla luce del sole, pubblicizzandoli sui social. Gli scafisti, che dai migranti vengono chiamati «contrabbandieri», operano soprattutto sui social. C'è un gruppo, creato da tal Abdeen Ahmed, aperto su Facebook, su cui addirittura i trafficanti di esseri umani lasciano il loro numero chiedendo a chi vuole partire di contattarli. Tra i tanti che mettono post c'è Ibrahim Khalid, che pubblica i nomi, scritti a penna su un foglio, di coloro che sono sbarcati in Italia con l'ultimo barcone. C'è chi chiede informazioni: «Mio fratello era su un gommone partito domenica scorsa. Avete notizie?». E c'è chi raccomanda di contattarlo per una traversata «che partirà il prossimo mercoledì. Barca eccellente di 12 metri, motore ottimo, 40 persone a bordo. Partenza da Zuwara». Mohamad Alaa assicura che si possono portare i cellulari «per avvertire i genitori all'arrivo». Una donna chiarisce che un congiunto le ha scritto «da Lampedusa. Ora è detenuto dalla Polizia. Allah lo aiuti a trovare la sua strada».

È tutta gente che vede l'Italia come una El Dorado, invogliata dai contrabbandieri a pagare 5mila dinari libici (poco più di 900 euro) per una traversata e un futuro che alla fine sarà meno roseo di quello che sperano. «Nella maggior parte dei casi - spiega Marco Martino dello Sco (Servizio centrale operativo della Polizia di Stato) - su questi gruppi ci sono soggetti che truffano chi tenta di venire in Italia. Si fanno mandare soldi e poi spariscono. Ma succede anche che si possa inciampare in veri trafficanti di esseri umani. Ci sono ovviamente indagini in corso, di cui non possiamo rivelare niente, ma lavoriamo su questi casi». E chiarisce che spesso è difficile risalire a questa gente perché i server «sono all'estero, in Pakistan o altri Paesi. Ma attenzioniamo questi siti, perché poi nel corso di eventuali processi il materiale sarà utile. Se i nomi di qualche migrante riportato nei post poi risulta essere corrispondente a chi veramente è approdato in Italia, questo ci servirà a individuare la persona e interrogarla per vedere se collabora al fine di individuare scafisti e trafficanti».

La Polizia di Stato è da sempre impegnata in questo campo, con indagini puntuali e che, come nel caso dell'inchiesta di Trapani che vede indagati diversi soggetti, anche legati ad alcune Ong, servono a scovare criminali e a far rilevare reati penalmente perseguibili. Ciò che sorprende è come molti «contrabbandieri» operano, totalmente incuranti del fatto che tutti possano leggere i loro post. «Spesso - prosegue Martino - per farsi contattare usano Viber o Telegram ed è poi veramente difficile risalire al luogo in cui questa gente si trova. Ma non per questo ci fermiamo.

È importante segnalare gruppi di questo tipo».

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