Il caso del giorno, e non solo editorialmente parlando, è la possibile acquisizione del gruppo Rcs da parte di Mondadori: un progetto che porterebbe alla nascita di un colosso che controllerebbe il 40% del mercato. Sarebbe di per sé un «caso» culturale, parlando di libri, ed economico, viste le dimensioni dell'operazione, e al limite politico, dato che si pone il problema della concentrazione. Ma poiché Mondadori significa Berlusconi, il caso è diventato subito anche di ordine «morale». Mentre a condizioni invertite una possibile acquisizione di Mondadori da parte di Rcs - nessuno avrebbe fatto un plissé, nella situazione attuale è scoppiato, tra gli intellettuali di sinistra, uno psicodramma collettivo: oddio, la libertà di pensiero è a rischio, la censura, ecco il Pensiero Unico... E così, se individualmente ci si straccia le vesti, collettivamente si lanciano appelli. Ieri una cinquantina di scrittori, capeggiati da Umberto Eco, ha firmato sul Corriere della sera (gruppo Rcs) una lettera aperta con cui i bravi autori suggerivano che il matrimonio Rcs-Mondadori non s'ha da fare. I nomi in calce pubblicano (quasi) tutti per Bompiani, l'«Einaudi» del gruppo Rizzoli, che così si dice -, nell'eventuale fusione, sarebbe il marchio che ci perderebbe di più, in quanto «doppione», peraltro meno blasonato, dello storico Struzzo. E, mettendo il senso della misura sotto la sabbia, in molti, in questi giorni di urla e gemiti, hanno perso la testa. Due giorni fa, sulle autorevoli pagine culturali di Repubbli ca (ufficio stampa-ombra della Feltrinelli, casa editrice terrorizzata dall'operazione), in due grandi pagine dedicate al caso Mondadori-Rcs, è comparsa un'intervista a Ernesto Franco, direttore editoriale Einaudi, stranamente critico nei confronti dei vertici Mondadori. Un articolo che per tutto il giorno ha procurato un vero terremoto nel quartier generale di Segrate. Fino a che si è scoperto quello che ieri ha spiegato una breve «errata corrige» nella sezione cultura di Repubblica : l'intervistato non era Ernesto Franco, ma Ernesto Ferrero, ex uomo Einaudi e ora direttore del Salone del Libro di Torino. La giornalista si è giustificata aveva i due nomi uno sotto l'altro nella rubrica del cellulare... La fretta, il fatto che la comunicazione era disturbata, il fatto che l'ideologia annebbia il cervello, ecco che è andato in pagina un «esperto» al posto di un altro. Gli intellettuali, del resto, sono per definizione interscambiabili. Rispondono a comando.
E per fortuna che sotto il nome di Ernesto Franco, nel telefonino della collega, non c'era James Franco, strepitoso attore celebre per le scene di nudo. Se avessero chiacchierato di Cinquanta sfumature di grigio nessuno se ne sarebbe accorto. Il libro è persino pubblicato da Mondadori.
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