Roma I renziani avevano messo in conto una sfebbrata o poco più. Un picco di polemiche in coincidenza con le proteste degli obbligazionisti delle banche alla quale sarebbe dovuta seguire una veloce dissolvenza e poi una nuova fase. Via con le nuove avventure del governo, tra bonus e altre regalie. Di mezzo ci si è messa la vicenda di Banca Etruria. Il fatto che siano emersi intrecci familiari e politici che arrivano fino al governo stanno facendo lievitare polemiche e difficoltà. Peraltro mettendo in ombra le vicende non meno complicate delle altre banche fallite.Allo stesso modo, i fedelissimi del premier speravano che il bubbone europeo non scoppiasse mai. Come se per convincere Bruxelles a concedere all'Italia di tutto e di più bastasse agitare lo spettro del populismo grillino che avanza. In questo caso la doccia fredda è stata l'uscita del presidente della Commissione Jean Claude Juncker. Anche sul fronte di Bruxelles gli eventi hanno preso una piega per nulla favorevole al premier.Sulla banca di Arezzo, le ultime rivelazioni hanno indebolito la posizione del governo. Flavio Carboni ha confermato di aver conosciuto Pierluigi Boschi, padre del ministro per le Riforme, e di averlo incontrato un paio di volte dopo la nomina a vice presidente di Banca Etruria, anche se nega di aver «parlato direttamente» di questioni attinenti l'istituto.Nel centrodestra questi scricchiolii sono stati interpretati come l'inizio di un declino inesorabile. Per Maurizio Gasparri «sarà proprio il caso Banca Etruria a scavargli la fossa. Il centrodestra quindi prepari un programma di governo». Ma la vicenda mette in imbarazzo tutta la maggioranza, che diventa un bersaglio facilissimo per le opposizioni. Allo stesso tempo, si restringono gli spazi di manovra per il governo. Una maggioranza di riserva, con dentro i parlamentari di Sinistra italiana e i Cinque stelle, come quella per eleggere i membri della Corte Costituzionale, a questo punto diventa complicata.Strategie in tilt anche sul fronte europeo. Sempre caldissimo, ma i nodi fino a poco tempo fa - fatta eccezione per pochi fari accesi da media gufi - erano tenuti sotto traccia. L'uscita di Juncker ha reso ufficiale la frattura. Le conseguenze riguardano i conti italiani. Le flessibilità richieste dal governo potrebbero non passare l'esame di Bruxelles. In situazioni simili l'Italia ha messo in campo sforzi diplomatici enormi. Ora che le istituzioni europee sono sempre più diffidenti e il premier Matteo Renzi ha attaccato più volte la Commissione, il compito diventa quasi impossibile.A confermare il fatto che questa volta la frattura è reale e che ci potrebbero essere conseguenze pesanti, dopo l'uscita di Juncker non c'è stato nessun tentativo di ricucire, come si aspettavano in molti.
Sabato Renzi a Caserta ha fatto suonare, insieme all'inno italiano, anche quello europeo. Un segnale di distensione. Ma dalla Commissione europea non è arrivato nessun segnale. Nemmeno una frase di circostanza. Un altro scricchiolio per un governo, un tempo molto forte. Oggi meno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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