C'è anche il governo ungherese di Viktor Orbán tra quelli che si sarebbero serviti di uno sofisticato spyware, Pegasus, per «spiare» in tutto il mondo centinaia tra giornalisti, avvocati e altre personalità di opposizione a regimi autoritari. Lo rivela il Guardian, che come altre testate internazionale partner del Pegasus Project, che indaga sull'abuso dell'omonimo malware, ha potuto sbirciare il maxi-leak messo a disposizione dall'organizzazione giornalistica no profit francese Forbidden Stories.
Secondo il quotidiano britannico oltre 180 giornalisti, tra cui l'attuale direttore del Financial Times, ma anche attivisti per i diritti umani, sindacalisti, politici, figure religiose e avvocati in tutto il mondo sono finiti nel mirino di governi autoritari che si sono serviti di Pegasus, prodotto dalla società israeliana di cybersecurity Nso, per impossessarsi di dati sensibili attraverso lo smartphone delle inconsapevoli vittime. Pegasus è infatti un malware capace d'infettare iPhone e Android da cui è in grado di estrarre messaggi, foto ed email, come anche registrare chiamate e attivare microfoni. Sviluppato dalla compagnia israeliana Nso, è pensato per l'utilizzo da parte delle forze dell'ordine e delle agenzie di intelligence al solo scopo di combattere il crimine ma viene spesso utilizzato con disinvoltura ben oltre i suoi limiti da regimi polizieschi.
Sono oltre 50mila numeri di telefono presenti nella lista delle persone potenzialmente oggetto di controllo attraverso Pegasus da vari governi. Molti nomi devono ancora essere rivelati, ma tra quelli già noti ci sono giornalisti che lavorano per alcune delle testate più prestigiose del mondo, tra cui Financial Times, Wall Street Journal, Cnn, The New York Times, Al Jazeera e tante altre. Tra essi ci sono il reporter messicano, Cecilio Pineda Birto, ucciso nel 2017 e localizzato dai suoi killer in un autolavaggio, e 37 persone legate al reporter e oppositore saudita Jamal Khashoggi, ucciso nel 2018 nel consolato dell'Arabia Saudita a Istanbul. Secondo Edward Snowden, che rivelò i programmi di sorveglianza di massa della National Security Agency, «questo leak diventerà la storia dell'anno».
E come detto tra i governi che facevano un uso spregiudicato di Pegasus
c'è quello ungherese. Tra le persone controllate da Budapest, ci sono cinque giornalisti, due dei quali lavorano per «Direkt36», un portale investigativo che collabora con il progetto «Pegasus». Uno è Szabolcs Panyi, noto per le inchieste condotte grazie alle fonti nei circoli diplomatici e di sicurezza nazionale. Il suo smartphone sarebbe stato ripetutamente compromesso da Pegasus per sette mesi nel 2019: lo spyware, in particolare, si attivava dopo che Panyi inviata delle richieste di commento ad alcuni rappresentanti del governo ungherese.
La società israeliana Nso, che ha sviluppato lo spyware, contestato i dati trapelati attraverso l'inchiesta giornalistica e annuncia una propria indagine per verificare la
credibilità della notizia. Da Tel Aviv fanno sapere che lo strumento è pensato solo per essere utilizzati contro criminali di alto profilo e terroristi e che loro non hanno «accesso ai dati degli obiettivi degli attacchi hacker».
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