I libri sono negli scaffali, le guaches napoletane già appese alle pareti, tutto è pronto nel nuovo ufficio di Palazzo Giustiniani, 120 metri quadrati accanto al Pantheon. Quello degli scatoloni, che fanno tanto Lehman Brothers, è sempre un giorno triste ma Giorgio Napolitano, che si dimetterà domani pomeriggio dopo il discorso di Matteo Renzi a Strasburgo, vuole esorcizzarlo «lavorando fino all'ultimo». E così, alla vigilia del trasloco, l'agenda presidenziale è ancora fitta. Il capo dello Stato si presenta alla Casa del Cinema per rendere omaggio al suo amico Francesco Rosi, convoca il premier e il ministro Boschi per fare il punto sulle riforme, si scambia dei messaggi affettuosi con il Papa e, sull'economia, lascia pure i compiti al suo successore: dalla «crescita insufficiente» al «difficile consolidamento monetario», l'elenco dei problemi italici «sempre in piedi» è lungo e molto complesso.
Giornata lunga per Napolitano: secondo un sondaggio Ixè realizzato per Agorà , l'86 per cento degli italiani ritiene che faccia bene a lasciare. E dopo l'entusiasmo di qualche anno fa, la sua popolarità è scesa al 39 per cento. Una giornata che inizia alla camera ardente per il regista di Salvatore Giuliano e Mani sulla città . Il presidente siede accanto a Carolina, la figlia di Rosi, e ascolta i discorsi commossi di Ettore Scola, Raffaele La Capria e Giuseppe Tornatore. Poi torna sul Colle e incontra Maria Elena Boschi, che lo informa sulla legge elettorale e sull'Italicum e che ottiene un «incoraggiamento». Le trappole sono ancora tante.
Con Renzi, che resta più di un'ora, il colloquio è più ampio e riguarda soprattutto il terrorismo e l'Europa. Il premier parla dei contatti e delle emozioni di Parigi e anticipa al capo dello Stato quello dirà al Parlamento di Strasburgo chiudendo il semestre di presidenza della Ue: servono meno rigore e più sforzi per la crescita dell'Unione ma l'Italia, che è un grande Paese sta facendo la sua parte e rispetterà gli impegni presi. Infine, uno sguardo al Quirinale che verrà. Napolitano spera in «un segnale di unità e responsabilità» della politica. Renzi, convinto di vincere la partita doppia riforme-Colle, pensa che la fumata bianca arriverà al quarto scrutinio.
È l'ultimo vertice del mandato, quasi un passaggio di consegne. Oggi Re Giorgio andrà a salutare i corazzieri nella caserma Negri di SanFront, a pochi metri dal Quirinale, incontrerà i dipendenti del palazzo e ascolterà il premier in tv. Le dimissioni sono previste per domani. Sarà un atto molto semplice e formale, una breve lettera che i motociclisti consegneranno ai presidenti delle Camere e al capo del governo, Poi un drappello schierato, l'inno nazionale e, dopo nove anni, Napolitano uscirà di scena. Non sono preventivati messaggi, né discorsi. Sarà un addio ovattato, discreto, in punta di piedi. Tornerà a via dei Serpenti, a Monti, dove le botteghe, in vinaio e la macelleria del rione stanno preparando una grande festa.
Quando la Boldrini riceverà la lettera di dimissioni, dovrà convocare, da lì a quindici giorni, la seduta parlamentare congiunta: se i grandi elettori si riuniranno a partire dal 29 gennaio, già il primo febbraio il dodicesimo capo dello Stato potrebbe avere un nome e soprattutto un voto. Quando la lettera la riceverà Grasso, il presidente del Senato lascerà l'assemblea nelle mani dei suoi quattro vice e assumerà i poteri della supplenza.
Si trasferirà pure lui a Palazzo Giustiniani, ma avrà comunque a disposizione gli uffici del Quirinale.Napolitano intanto cercherà di restare nell'ombra e risalirà sul Colle solo per il passaggio di consegne con il suo successore, dopo il giuramento.
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