Scatta la fuga dal Campidoglio E Odevaine tira in ballo Marino

Raffica di dimissioni, l'ex chirurgo accusa Renzi ma finisce nei guai. Un indagato rivela ai pm: "Così abbiamo fatto cambiare idea al sindaco sul centro migranti di via Boccea"

Scatta la fuga dal Campidoglio E Odevaine tira in ballo Marino

RomaAutosospensioni dal Pd in consiglio comunale, abbandoni di capigruppo, il cda di uno dei principali enti museali romani che si dimette accusando il sindaco di non mantenere gli impegni, assessori in uscita: attorno al sindaco Ignazio Marino il terreno continua a franare. Mentre Palazzo Chigi e gran parte del Pd non fanno mistero di lavorare ad una exit strategy che porti al commissariamento del Comune. Con divisioni interne sulla tempistica e sugli obiettivi, però: «Vogliamo un chiarimento dal commissario Matteo Orfini, perché non si capisce quale sia la linea Pd sul Campidoglio», annuncia la deputata romana Lorenza Buonaccorsi, renziana della prima ora, che rimprovera al presidente Pd un eccesso di difesa del sindaco: «Chi volete che abbia organizzato la claque per Marino alla festa dell' Unità ?», chiede ironica.

Il sindaco? Resiste e rilancia: per venerdì è annunciata una manifestazione a suo sostegno, promossa attraverso i social network ; si raccolgono firme di intellettuali della sinistra radical (da Zagrebelski a Furio Colombo) su petizioni in suo favore, mentre Marino va a farsi applaudire alla festa di Sel, stuzzica Renzi invitandolo a fare «una passeggiata ai Fori pedonalizzati», pubblica un tweet di supporto ricevuto dal sindaco di New York De Blasio. La strategia è chiara: apparire vittima di un premier autoritario e di partiti inquinati ( in primis il Pd) che lo vorrebbero cacciare per riprendersi la città, e coalizzare attorno a sé quei salotti dell' intellighenzia di sinistra che vedono Renzi come il fumo negli occhi.

Intanto nel Pd sale la tensione tra chi vuole una resa dei conti immediata e chi temporeggia per una via d'uscita più indolore possibile. Renzi, guardando i sondaggi Pd alla vigilia dei ballottaggi del 15 giugno, ha capito che la «zavorra» romana, dopo Mafia Capitale, rischiava di trascinarlo con sé verso il basso: «Dobbiamo muoverci subito su Roma», ha annunciato ai suoi. Con l'obiettivo di votare a Roma nel 2016, anche per evitare di sovrapporre il voto per il Campidoglio alle Politiche. La tempistica concordata con Orfini vede come deadline la relazione del prefetto Gabrielli su Roma Capitale. Che però, spiegano dal governo, potrebbe arrivare prima del previsto, ossia di fine luglio. Poi si aprirà il rischioso capitolo «come far dimettere Marino»: se convincerlo «con le buone», come vorrebbe Orfini, o arrivare allo strappo della sfiducia in Consiglio comunale, col rischio di ritrovarselo come acerrimo nemico. Intanto si accelera la «ripulitura» del Pd romano: il commissario e i suoi hanno lavorato per spingere al passo indietro alcuni esponenti finiti nelle carte di Mafia Capitale, giocando d'anticipo anche sulla magistratura: Alfredo Ferrari - che presiede la commissione Bilancio in Campidoglio - si è autosospeso dal Pd, Luca Giansanti si è dimesso da capogruppo della Lista Marino, si preme anche sull'ex capogruppo Pd D'Ausilio.

Ben diverse le ragioni delle dimissioni del cda del Palaexpo presieduto da Franco Bernabè e nominato appena un anno fa da Marino. Bernabè e gli altri accusano il Comune di aver brutalmente tagliato i fondi, rendendo «oggettivamente impossibile lo svolgimento delle attività». Marino non batte ciglio e annuncia il commissariamento dell'ente, i suoi supporter gridano al complotto (renziano, naturalmente): «Se la sequela di dimissioni fosse una strategia per costringere il sindaco alla resa sarebbe una cosa vergognosa», tuona l'ex segretario del Pd romano Marco Miccoli, oggi deputato. La guerra è ormai dichiarata.

E dal verbale di un collaboratore di Luca Odevaine, Pietro Grappasonni, emerge un'altra storia scomoda per Marino. Grappasonni, impiegato nella coop Abitus - della quale l'ex braccio destro di Veltroni era il «dominus» secondo la provincia di Roma - mette a verbale quello che sa da persona informata sui fatti, e non indagato, sui rapporti del suo «capo».

E, per illustrare le relazioni in essere tra Odevaine e le coop bianche, spiega che quando a fine 2013 Marino voleva chiudere la struttura d'accoglienza di via Boccea, «Tiziano Zuccolo (della coop Domus Caritatis, ndr ) chiese a Odevaine di intercedere con il sindaco Marino per evitare la chiusura della struttura». Che «poi non venne chiusa».

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