Bello vincere facile. Ancor più bello spalancare le porte dell'Onu sputare sui «potenti della terra» e andarsene riveriti ed incensati. Bellissimo accoccolarsi sulle sponde dell'Atlantico, attendere il primo catamarano a disposizione e farsi traghettare oltreoceano in cambio di qualche slogan sul riscaldamento globale. Assolutamente fantastico interpretare, a soli 16 anni, il ben remunerato ruolo di ventriloquo del capitalismo verde, il verbo dell'industrializzazione «politicamente corretta» pronto a farci investire miliardi di euro nel nome di un'utopia chiamata emissioni zero. Un'utopia che non abbasserà di mezzo decimo le temperature del pianeta, ma ingrasserà i suoi capitani d'azienda premiandoli per aver scommesso sul musetto ingrugnito di Greta. Detto questo difficile sostenere che il riconoscimento assegnato a Greta Thunberg dal settimanale Time sia immeritato. Oggi pochi sul pianeta vantano una popolarità paragonabile a quella conquistata, a colpi di catastrofiche quanto improbabili congetture, dalla Giovanna d'Arco del Credo Verde. Ma un confronto s'impone. Mentre la pulzella di Stoccolma rimbalza da una costa all'altra dell'Atlantico irridendo i leader garanti della nostra democrazia e delle nostre libertà ad Honk Kong un meno giovane Joshua Wong sfida, seguito da migliaia di sostenitori, quel mostro cinese figlio d'un comunismo senza uguaglianza e d'un capitalismo senza libertà. Al cristiano Joshua sconosciuto, a differenza dell'agnostica Greta, a gran parte dei Cristiani d'Occidente, nessuno conferisce grandi premi. Nel 2014, quando guidava la «protesta degli ombrelli» prologo della lotta attuale, Time si limitò a citarlo come uno dei giovani più influenti dell'anno. Da allora Wong è stato arrestato almeno sei o sette volte e s'è fatto mesi di galera. Ma fuori da Hong Kong resta un Carneade. Del resto finir in gattabuia per aver denunciato l'oppressione cinese è così scontato da non far più notizia. E pretendere che un Occidente annoiato persino dalla propria libertà s'ecciti per qualcuno pronto a giocarsi la vita per difenderla è un'illusione non solo supponente ed un po' retrò, ma persino banale. Anche perché mentre Wong e i suoi ci chiedono di salvarli dal comunismo Greta ci racconta come salvare il mondo. Il ragionamento non fa una grinza, ma i tempi forse non quadrano.
Perché ben prima delle profezie di Greta rischiano di realizzarsi le paure di Wong. E allora il mondo non riusciremo a distruggerlo noi. A farlo ci penserà la Cina. Che dopo aver messo a tacere prima Wong e poi il resto di Hong Kong avrà fatto lo stesso con Greta e tutti noi.
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