Schlein non parla del flop. Dem in fuga dalla riunione

La segretaria fa scena muta sul voto con i gruppi. E le opposizioni interne lasciano il collegamento

Schlein non parla del flop. Dem in fuga dalla riunione
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Elly Schlein si dà alla «macchia» e dribbla il «processo», dopo il flop elettorale. La segretaria è in fuga. Dopo aver annullato il viaggio a Bruxelles, anche ieri, alla riunione congiunta di deputati e senatori del Pd, la leader dei democratici preferisce non toccare il tasto dolente: il clamoroso tonfo nel turno di ballottaggio di domenica e lunedì. Le opposizioni, che già affilavano i coltelli, abbandonano il video-collegamento. Quando capiscono che Elly non parlerà delle sconfitte di Terni, Siena, Pisa si dileguano. Si discute solo di Emilia Romagna. E allora c'è chi smobilita, preferendo una mattinata di shopping, chi una gita fuoriporta, chi una colazione in famiglia. E c'è addirittura chi aveva dimenticato l'assemblea. È questa la fotografia di un Pd in stato confusionale. In molti abbandonano la riunione virtuale. Schlein parla ai pochi intimi rimasti in presenza. Il suo intervento si esaurisce nella richiesta di una poltrona: il commissario per la ricostruzione. Stefano Bonaccini apre i lavori dell'assemblea. Ma prima al Tg1 affronta il nodo politico: «Nelle amministrative c'è stata una vittoria netta della destra, con alcuni casi positivi. Addossare la responsabilità a chi arrivato da pochi mesi sarebbe un errore clamoroso.

Nel Pd si sono consumati troppi segretari, perché alla prima sconfitta parte un processo interno: è troppo presto. Il partito deve occuparsi dei problemi materiali dei cittadini. Ne segnalo uno: i conti in rosso della sanità pubblica». Il governatore offre un ombrello alla segretaria. Ma attende la resa dei conti in direzione. All'assemblea si susseguono gli interventi da parte dei parlamentari dell'Emilia Romagna. Il focus è sull'alluvione. Ma la mente è proiettata sul futuro de Pd con la nuova guida. Nella sua relazione la segretaria non fa alcun cenno alla debacle elettorale. Si tiene alla larga e parla solo del caso Emilia Romagna: «C'è l'impegno del partito per aiutare l'Emilia-Romagna a rialzare la testa dopo questa alluvione. É una questione nazionale, si tratta di una Regione che ha un ruolo strategico e ha dimostrato anche durante la pandemia una eccezionale capacità di resilienza».

Nella parte conclusiva sottolinea: «Abbiamo avuto una riunione importante per confermare che tutto il Pd è mobilitato per supportare territori e comunità colpite dall'alluvione in Emilia-Romagna. Abbiamo confermato il nostro impegno e la nostra disponibilità sia a livello istituzionale che politico. Siamo in attesa del decreto che è in ritardo, le persone non possono più aspettare. Alcune persone hanno perso tutto, per due volte. Ci sono stati due eventi calamitosi e alcuni, dopo aver riacquistato mobili ed elettrodomestici, si sono ritrovati nelle condizioni di partenza. Quelle persone hanno bisogno di risposte in fretta, si tratta di miliardi di ristori per famiglie imprese e agricoltura. Noi ci siamo ma bisogna agire in fretta». Alluvione a parte, la strategia è quella di disinnescare la tensione. Allungando, è solo un'ipotesi al momento, i tempi di una direzione nazionale. Il chiarimento è in programma la prossima settimana.

Al massimo all'inizio della successiva. La linea che trapela dai fedelissimi di Schlein è chiara: buttare la palla in tribuna. Nessun cambio, fino alle Europee. Poi si vedrà. E proprio da Bruxelles arriva l'ennesimo disastro politico di Schlein: il Pd si frantuma in tre correnti nel voto per l'aumento di produzione di armi per l'Ucraina.

Viene congelato il dossier De Luca jr: il figlio del governatore della Campania vuole la riconferma come vicecapogruppo. Schlein prende tempo. Rinvia. Tutto resta immobile. «Come ai tempi di Letta», dice sconsolato un esponente dem al Giornale.

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