La scissione immobiliare Pd Guerra sugli affitti delle sedi

Le sezioni disdicono i contratti con le fondazioni ex Ds in mano agli scissionisti: "Ormai siamo partiti diversi"

La scissione immobiliare Pd Guerra sugli affitti delle sedi

Dopo la scissione politica, quella immobiliare. È l'effetto della singolare situazione patrimoniale del Pd, che in molti casi si ritrova inquilino degli scissionisti di Mdp. Le fondazioni che custodiscono l'impero immobiliare degli ex Ds (2.399 immobili, sparsi su 56 fondazioni, valore stimato 500 milioni di euro), infatti, sono spesso in mano a presidenti e consiglieri che provengono dall'area antirenziana del Pd. E che per giunta, grazie allo speciale statuto delle fondazioni in cui è confluito il patrimonio del Pci, sono nominati a vita.

E cosa succede ora, che le due anime del partito si sono scisse in due partiti? Che le sezioni Pd disdicono i contratti di affitto con gli ex compagni di partito, i quali a loro volta possono cercarsi inquilini a prezzi di mercato. Come sta succedendo a Bologna, nel cuore dell'Emilia Romagna che è la regione che conta più fondazioni ex Ds, e tra le più ricche di tutte.

Il dalemiano Mauro Roda guida la Fondazione Duemila, che in pancia ha la bellezza di 135 immobili in provincia di Bologna, molti dei quali occupati appunto dal Pd. Almeno finora. Nelle ultime settimane si stanno infatti moltiplicando le disdette. Già tre sezioni cittadine hanno comunicato di non essere più interessati a stare in affitto da loro, e lo stesso succede in provincia. «I fondi delle sezioni vanno investiti nell'attività politica, non possono finire tutti per mantenere una struttura» dice a Repubblica Bologna Alberto Aitini, responsabile organizzativo provinciale del Pd. Tanto più che ora «il partito e il proprietario degli immobili sono due soggetti completamente diversi», anche politicamente. Aggiunge un altro segretario di sezione Pd, Matteo Ruggeri: «Voglio vedere, una volta che abbiamo lasciato noi le sedi, coma fa la Fondazione a mantenere tutto il patrimonio coi quattro gatti che hanno seguito Bersani».

Da parte sua il dalemiano Roda, capo a vita della Fondazione Duemila, risponde: «Noi le sedi le diamo a chi ce le chiede. Già adesso non le diamo soltanto al Pd, ma anche a circoli Arci e ad associazioni culturali». Come dire: il Pd disdice i contratti d'affitto? Poco male, ce ne troviamo altri. Magari proprio i compagni di Mdp.

In fondo, è anche l'occasione per risolvere un problema spesso reciproco. Se è vero infatti che i canoni di locazione garantito dalle fondazioni ex Ds al Pd sono convenienti, le spese straordinarie (frequenti per immobili vecchi di molti anni) per convenzione sono a carico del partito, circostanza del tutto anomala in un contratto di locazione. D'altro canto, spesso le sezioni Pd restano indietro di mesi con l'affitto, o non pagano proprio, e le fondazioni sono costrette a sfrattare il Pd, com'è successo in storiche sedi a Roma, o Padova. Oppure le fondazioni chiedono di rivedere i canoni, come ha fatto la Fondazione Elio Quercioli, quella degli ex Ds a Milano, facendo infuriare il responsabile del Pd milanese, Pietro Bussolati. Che ha sfondato una porta aperta col tesoriere nazionale Pd, il renzianissimo Francesco Bonifazi, il quale ha annunciato una class action per riavere il tesoro ex Pci, perché «quel patrimonio appartiene alla storia del nostro partito, non ad una fondazione privata».

Già era un problema prima della scissione, adesso che proprietario e inquilino sono avversari politici, la contesa politica si combatte con

gli immobili. «Il tema c'è» ammette anche Dumas Iori, presidente (non scissionista) della Fondazione Tricolore, la cassaforte Ds a Reggio Emilia. E meno male che il Pd doveva essere la nuova «casa» della sinistra italiana.

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