La sconvolgente verità nella scatola nera Dal primo pilota chiuso fuori alla disperazione a pochi istanti dallo schianto

Che ci fosse qualcosa di molto strano lo si era capito fin dal primo momento. Un aereo danneggiato, e con i motori in avaria, non può impiegare 8 minuti per schiantarsi al suolo da circa 12mila metri d'altezza. Avviene tutto con maggior celerità. Le operazioni effettuate a bordo erano quelle di un normale atterraggio, con una discesa ponderata, sistematica e persino morbida. Peccato che il punto d'arrivo non fosse una pista d'aeroporto, ma il massiccio dei Trois-Eveches, sulle Alpi francesi. Gli ultimi dubbi sulle responsabilità del personale di bordo sono stati fugati ieri mattina dal procuratore di Marsiglia Brice Robin, che ha reso noto il contenuto delle registrazioni della scatola nera. Andreas Lubitz, il 28enne copilota dell'Airbus 320 della Germanwings, si è schiantato di proposito. Ieri, per motivi di sicurezza, la sua famiglia è stata portata in un luogo sicuro. Ricostruire i trenta minuti più terrificanti vissuti dalle 150 vittime sul velivolo mette i brividi. Ma è necessario riavvolgere il nastro della registrazione della scatola nera per ricostruire quanto accaduto dalle ore 10 di giovedì, quando il volo con sigla «GWI9525» è decollato dall'aeroporto Prat di Barcellona con destinazione Dusseldorf. Durante i primi venti minuti i dispositivi di bordo non segnalano alcuna anomalia. Si sentono le voci di Patrick Sondenheimer, il comandante, una vita alla Lufthansa, e di Lubitz. Parlano in tedesco del più e del meno e l'atmosfera viene definita dagli inquirenti «rilassata». Alle 10.27 l'aereo raggiunge l'altitudine da crociera, 38mila piedi, 11.5 km. A quel punto il pilota lascia il comando al suo assistente per soddisfare un bisogno fisiologico, che non riesce neppure ad espletare. Dall'alto delle sue 6mila ore di volo, e 10 anni di esperienza, Sondenheimer si rende conto che l'aereo sta iniziando a scendere. Sono le 10.31, corre verso la cabina di pilotaggio, che però è chiusa dall'interno. Il comandante digita il codice di emergenza di quattro cifre che permette di sbloccare la porta entro 30 secondi. Ma Lubitz ha già sostituito il codice. Si sente quindi la voce del pilota che all'interfono chiede a Lubitz «che cosa sta accadendo? Apri!». Dall'interno il copilota non risponde e il nastro di registrazione ci lascia immaginare un uomo sostanzialmente calmo e risoluto, con un respiro per nulla corto o in affanno. «C'è una raggelante lucidità nel suo intento», come sottolineato dal magistrato Robin. Alle 10.35 la direzione generale dell'aviazione civile francese si rende conto della situazione anomala, il velivolo sta sorvolando la costa nella zona di Marsiglia, e lancia un segnale d'allerta conosciuto con il codice di «Detresfa», ovvero pericolo in corso, situazione di massimo pericolo. Lubitz non risponde agli appelli della torre di controllo di Marsiglia e alle 10.42 si alza in volo dalla base militare di Orange-Caritat un caccia «Mirage 2000» con il compito di trovare l'aereo nei cieli francesi e di «scortarlo». Nel frattempo la scatola nera registra qualcos'altro: sono i tentativi di Sondenheimer di sfondare la porta, a calci, a spallate, imprecando. I colpi sono sempre più violenti, mentre i passeggeri si rendono conto proprio in quegli istanti che l'aereo sta per schiantarsi. Il nastro registra le loro urla disperate, fino a interrompersi con il suono metallico di uno strappo. Il transponder, dispositivo che invia automaticamente i dati sulla posizione dell'aereo, emette il suo ultimo segnale. È il momento dell'impatto contro la dura roccia delle Alpi francesi: sono le ore 10, 40 minuti e 47 secondi. Il dramma si è appena compiuto, 150 persone hanno perso la vita.

Il giudice Robin ha confermato che dall'aereo «non è stato inviato nessun segnale di mayday, allerta o urgenza. Non è stata ricevuta alcuna risposta all'insieme dei numerosi appelli dei controllori aerei». Il comandante Sondenheimer ha fatto tutto quello che era possibile. Va detto che dopo l'attentato alle Torri Gemelle, alle compagnie aeree di tutto il mondo è stato fatto obbligo di proteggere le cabine di pilotaggio con una porta blindata, in modo da renderle inaccessibile dall'esterno. «Come ogni sistema però esiste una soluzione di emergenza che consente ai piloti e all'equipaggio di entrare se per qualche motivo si dovessero trovar chiusi fuori - ha aggiunto Robin - sistema che nel caso dell'Airbus è stato inibito dall'interno», cambiando il codice di sicurezza.

Qualcuno studia soluzioni alternative, come Easyjet, che da oggi obbliga entrambi i piloti a non allontanarsi dalla cabina. Intanto ieri all'alba sono riprese le operazioni di recupero delle 150 vittime e quelle di identificazione, con l'arrivo al campo base di Le Vernet, in Alta Provenza, delle prime famiglie.

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