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Se i "petro-yuan" archiviano i vecchi dollari

Le monete raccontano storie. È una vecchia lezione di Carlo M. Cipolla, lo storico che sui quei pezzi di metallo e sulla legge universale della stupidità ha costruito la sua leggenda

Se i "petro-yuan" archiviano i vecchi dollari

Le monete raccontano storie. È una vecchia lezione di Carlo M. Cipolla, lo storico che sui quei pezzi di metallo e sulla legge universale della stupidità ha costruito la sua leggenda. Le monete parlano, segnano svolte, ascese e declini, tracciano rotte e destini di imperi e nazioni. Non sono soltanto la misura del valore. Non sono neutre o indifferenti. Adesso, poi, sono la merce su cui la finanza ama scommettere di più. La moneta delle monete, quella su cui si regge il mercato globale, è il dollaro. È quella S trafitta da una colonna stilizzata o, forse, sono due sovrapposte, come se lì ci fosse la fine del mondo conosciuto. È il non plus ultra. Non c'è nulla al di là del suo orizzonte. È certezza, rifugio, stabilità, scambio, il pilastro su cui si regge la storia di questi cento e passa anni di centralità americana. Come si può mettere in discussione la forza del dollaro? Chi può insidiare il suo valore universale? Il dollaro che ha scacciato l'oro dal cielo e ne ha preso il posto. Qualcosa di nuovo però sta accadendo e se non segna un cambio di paradigma ti dice, però, che l'asse del globo un po' si è spostato, verso Est, e questo genera insidie e insicurezza. Qualcuno sta cercando di fare a meno del dollaro e lo dichiara, proprio durante la guerra in Ucraina, senza più preoccuparsi di nascondersi.

Il segnale arriva dalla scia del petrolio. L'Arabia Saudita, alleato sempre più inquieto di Washington, sta pensando di farsi pagare in Yuan il greggio che vende alla Cina. Messa così sembra non ci sia nulla di strano. Pechino paga con la sua moneta quello che acquista. È una richiesta che non a caso è partita anche dalla Russia. Tutto in Yuan e ci liberiamo della misura delle cose americana. Ecco, è proprio qui la novità, la svolta, il punto che segna un'anomalia della storia. Finora il petrolio si è sempre pagato in dollari. È qualcosa di più di una convenzione. È un punto certo sulla mappa. Ora l'idea che possa appannarsi, che ci sono due soli, «petrodollari» e «petroyuan» con cui orientarsi, è l'evento con cui gli umani dovranno confrontarsi nel futuro più o meno prossimo. È il distacco definitivo dal Novecento.

Certo, uno potrebbe dire chi se ne frega di come viene pagato il petrolio, combustibile che prima o poi dovremmo abbandonare. È che il mondo è ben lontano dall'essere «green» e, soprattutto, sulle monete ci sono i segni del potere. Immaginate per un attimo una civiltà globale sotto il segno dello yuan. È possibile? Forse sì, forse no. È un futuro tutto da scrivere. Lo yuan comunque ti racconta che non c'è spazio per la libertà e la democrazia occidentale. Il dollaro, adottato al tempo delle tredici colonie rivoluzionarie come versione anglosassone del tallero spagnolo, può anche incarnare per molti il sacrilegio e la voracità del capitalismo, ma è anche il simbolo di una certa visione del mondo, quella che con tutti i suoi difetti ti garantisce dal leviatano. Lo yuan significa vivere nella civiltà di Xi Jinping, di Putin e degli sceicchi.

È un'altra misura dello spirito umano.

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