«Sono accuse intollerabili e prive di ogni fondamento. I nostri dati, come da protocollo condiviso da tutte le Regioni, vengono trasmessi quotidianamente e con la massima trasparenza all'Istituto superiore di sanità».
Mentre i legali della Regione Lombardia strutturano la querela contro fondazione Gimbe, il presidente regionale Attilio Fontana non esita, anzi. «Sono convinto - dichiara - che dal 3 giugno i lombardi saranno liberi di circolare in tutta l'Italia, i dati sono in miglioramento». Le accuse di «magheggi» sui numeri non vengono ribaltate solo dal punto di vista politico ma anche tecnicamente «non stanno in piedi».
I TAMPONI
Se è vero che quotidianamente, durante i bollettini, vengono comunicati i dati «lordi» (che comprendono sia i tamponi diagnostici, sia quelli effettuati una seconda volta per la verifica o per altre eventualità), è altrettanto vero che per calcolare l'incidenza dei nuovi casi sui tamponi viene utilizzato il dato «netto», quello raffinato. «Quindi - spiegano i tecnici - il valore comunicato la scorsa settimana non è 6% ma 3,5%. Il dato lordo viene considerato solo ad uso comunicativo perché altrimenti non ci sarebbero i tempi di elaborazione».
I CASI POSITIVI
Non è vero che, facendo più tamponi, la situazione cambierebbe. Certo, ci sarebbe qualche caso in più ma non tale da ribaltare le statistiche. Il numero dei tamponi, questo sì, avrebbe fatto la differenza all'inizio dell'epidemia, quando si viaggiava su ben altri numeri e si vedeva solo la punta dell'Iceberg, ma non ora che siamo in coda all'emergenza. «I sommersi - spiega Vittorio Demicheli, a capo della task force Covid della Regione Lombardia - sono molti meno: a Milano tra i casi sospetti solo uno su dieci è realmente positivo. Il Gimbe si basa su una tesi anacronistica».
I CASI GIORNALIERI
L'unica verità sul numero dei casi giornalieri riguarda le proporzioni: è vero che due terzi dei numeri nuovi è in Lombardia. Ma per il resto vengono rispettati tutti i parametri in questione. A cominciare dall'indice di contagio Rt, costantemente sotto l'uno. I tempi di diagnosi tra i primi sintomi e i risultati dei tamponi sono 5 giorni in linea con i valori richiesti. Tutto dice che l'epidemia è sotto controllo, compreso il dato dei letti occupati in terapia intensiva. «Ormai - conferma Antonio Pesenti, coordinatore delle terapie intensive nell'unità di crisi regionale - arrivano pochissimi casi. Ovviamente non ci possiamo aspettare si azzerino di colpo ma i letti sono realmente liberi».
DIMESSI E GUARITI
Il fatto che si confondano i numeri di pazienti dimessi e guariti può essere semplicemente dovuto al fatto che i dati vengono conteggiati a posteriori. Ma non nasconde nessun trucchetto e, tanto meno, significa che vengano dimesse dall'ospedale persone ancora pericolose come la confusione creata potrebbe erroneamente far credere. Ad esempio, il 27 maggio, su 2.400 guariti, 766 erano in Lombardia.
Anche se tra questi un 10%, a livello ipotetico, fosse stato positivo, si sarebbe trattato di meno di 76 persone, un numero irrilevante su oltre 2mila guariti. «In tutti i modi i dati dicono che in Lombardia l'epidemia è sotto controllo» ribadisce Demicheli. «Non ne siamo ancora fuori ma usiamo i dati per chiarire e non per creare inutili polemiche».
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