"Si devono praticare cure leggere. Al paziente va dato tempo di recuperare"

Il presidente della società italiana di ematologia spiega: "Risolta l'infezione si potrà pensare a un trattamento più incisivo"

"Si devono praticare cure leggere. Al paziente va dato tempo di recuperare"

Paolo Corradini è il presidente della Società italiana di ematologia (Sie), il direttore della struttura complessa di Ematologia all'Istituto nazionale dei Tumori ed è ordinario di Ematologia all'Università degli Studi di Milano. E ci aiuta a leggere tra le righe del bollettino medico dell'ex premier Silvio Berlusconi. Soprattutto per dare il giusto peso a parole, come «terapia intensiva» e «chemio», che di certo non sono rassicuranti.

Professore, la leucemia cronica si può tenere sotto controllo?

«Solitamente si, l'importante è che non cambi natura e cioè che non viri in polmonite acuta. Nei pazienti anziani è frequente. Per molto tempo non presenta sintomi. Per individuarla l'ematologo procede con analisi del sangue specifiche e con l'agoaspirato midollare (per la biopsia), l'unica procedura che consente di avere una diagnosi certa».

In cosa consiste il trattamento «cito riduttivo contro l'iper leucocitosi» a cui è stato sottoposto Berlusconi?

«Di fatto potremmo dire che è un goccino di chemio. Una chemio blanda. Quando il paziente è fragile - sia per l'età sia per i problemi cardiopatici o per altre patologie - si comincia con una terapia poco invasiva per dargli il tempo di recuperare le forze e, in questo caso, di affrontare la polmonite. Non avrebbe senso partire con una terapia cannonata. Piuttosto è bene procedere con cautela.

Poi, se è il caso, si procede con una cura più mirata. Tutto dipende da come risponde il paziente ai trattamenti. E per capirlo ci vuole qualche giorno».

Intende anche i trattamenti contro la polmonite?

«Come primo passo deve rispondere a quelli. La cura antibiotica serve a curare l'evento dell'infezione ai polmoni che, con la leucemia, è un fatto assolutamente comune. Quindi, se nel medio termine è più pericolosa la leucemia, nel breve termine va stabilizzata la polmonite. Una volta sistemata l'infezione e curati i polmoni, allora si può pensare a un trattamento più incisivo».

È escluso il trapianto di cellule staminali?

«Assolutamente escluso, impensabile. Il trapianto allogenico si valuta per i pazienti sotto i 70 anni. Gli farebbe solo male».

Il fatto che Berlusconi sia stato ricoverato in terapia intensiva fa pensare che la polmonite sia seria?

«La terapia intensiva aiuta a supportare le funzioni vitali. Da un lato permette di agire sulla funzione respiratoria, compensando l'affanno, dall'altro permette di trattare la causa della polmonite. Per di più supporta l'apparato cardiocircolatorio che viene fortemente stressato dal problema ai polmoni. E non dimentichiamo che stiamo parlando di un uomo che ha già subito un intervento al cuore. In terapia intensiva il fisico può raggiungere più facilmente l'equilibrio e può dunque dare il tempo agli antibiotici di fare il loro lavoro contro l'infezione».

Quali difficoltà ci potrebbero essere ora?

«Ovviamente la leucemia è difficile da controllare con un evento infettivo in corso. Ma lo staff e di ematologi del San Raffaele sanno affrontare bene questo tipo di complicanze».

Cosa possiamo sperare per Berlusconi?

«C'è da sperare innanzitutto che l'organismo risponda bene agli antibiotici. E poi c'è da sperare che la leucemia cronica non cambi natura virando in una forma acuta. Se resta cronica, è sicuramente più semplice da gestire.

A questo proposito sembra confortante il bollettino medico diffuso dall'ospedale, in cui si dice che il paziente è da tempo portatore di leucemia mielomonocitica cronica, di cui è stata accertata la persistente fase cronica e l'assenza di caratteristiche evolutive in leucemia acuta. Quell'assenza è un fattore positivo».

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