Si vota e riecco le manette: presi politici e imprenditori

Retata da Mani pulite contro Forza Italia: chiesto l'arresto del deputato Sozzani. Agli arresti Tatarella e Altitonante

Si vota e riecco le manette: presi politici e imprenditori

Milano - Tanto tuonò che piovve. Annunciata da un rombare di voci, di anticipazioni, di paure, arriva la retata della Procura di Milano che, a tre settimane dal voto per le Europee, investe il centrodestra della Regione Lombardia. Dodici persone in carcere, sedici agli arresti domiciliari, una richiesta di arresto trasmessa al Parlamento per un suo membro, l'azzurro Diego Sozzani. Si parla, nella monumentale ordinanza di custodia firmata il 29 aprile dal giudice Raffaella Mascarino ed eseguita ieri mattina, del valzer consueti di appalti, di favori, di finanziamenti illeciti. Ci va di mezzo in primo luogo Forza Italia, che vede cadere due dei giovani di punta in Lombardia, Pietro Tatarella, che finisce in carcere, e Fabio Altitonante, che va ai domiciliari. Ce n'è anche per Fratelli d'Italia, sotto accusa per un finanziamento illecito. E a ben guardare neanche la Lega può festeggiare, perché in questo profluvio di soldi un ruolo cruciale lo svolge un imprenditore che dei rapporti col Carroccio è un grande navigatore, il manager Luigi Patimo, del colosso spagnolo Acciona, legato a doppio filo a Armando Siri, il sottosegretario leghista la cui sorte sta facendo traballare il governo. Patimo finisce ai domiciliari, gravato da accuse di corruzione e di finanziamento illecito.

Sembra una retata da anni Novanta. Ma rispetto all'epoca di Mani Pulite c'è un convitato più ingombrante: l'ombra della malavita organizzata, dei clan sbarcati al Nord che fanno affari con i cumenda e con la politica. Il loro uomo, secondo la Procura, si chiama Daniele D'Alfonso, longa manus dei calabresi di Platì, titolare di un azienda che si muove nel ricco, selvaggio business dei rifiuti e delle bonifiche. È lui, unico colpito dall'aggravante mafiosa, a finanziare i politici, insieme a Patimo. Ed è lui a penetrare come una lama calda nel burro nella macchina del Comune di Milano, assoldando manager cresciuti sotto giunte di ogni colore: come Mauro De Cillis, 64enne direttore generale della nettezza urbana, sveglio e simpatico, che finisce a San Vittore per corruzione. È riuscito, secondo la Procura, in una sorta di miracolo: farsi pagare una tangente per il servizio di spalamento della neve in una città in cui non nevica da anni.

Altitonante e Tatarella vengono sospesi da Forza Italia, e così pure il varesino Nino Caianiello, il più profondamente compromesso, secondo i pm, nei meccanismi corruttivi. Tatarella e Caianiello sono accusati anche di associazione a delinquere, insieme a Daniele D'Alfonso. È Tatarella, spiega il pm Silvia Bonardi, «a accompagnare D'Alfonso nei suoi incontri con il mondo politico», una specie di mentore nei meandri della Seconda Repubblica. Viene pagato in consulenze, ma anche in contanti: i pm gli contestano 1.300 euro per mandare la cognata in Australia, viaggi in Inghilterra col figlio, automobili. Somme non stellari, come si vede. Perché un giovane politico che stava per sbarcare a Strasburgo - Tatarella è candidato alle Europee, e resta in lista nonostante l'arresto - si sia giocato la carriera per somme simili è una domanda per ora senza risposta.

Ne esce male Milano, l'immagine un po' autoreferenziale di una città che ha saputo

ripulirsi, e invece appare marcia nei suoi fiori all'occhiello: le aziende municipalizzate, la Metropolitana, l'Amsa, l'assessorato all'Urbanistica, quelli che la fanno funzionare così bene. E così bene producono mazzette.

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