Con l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri è stato fatto il primo passo. Ma per il decreto sicurezza la strada è ancora tutta in salita perché, al di là della tranquillità ostentata dal ministro Matteo Salvini («Nessun timore del Quirinale, abbiamo coinvolto tutti lavorando giorno e notte e trovato un decreto che è un passo in avanti non solo per gli italiani ma anche per gli immigrati regolari ed i veri profughi»), contiene alcune norme che rischiano di essere incostituzionali e che potrebbero non passare il vaglio del presidente Mattarella.
Dall'Europa, però arrivano segnali positivi. Anche se il provvedimento verrà valutato solo quando sarà tramutato in legge, fonti Ue fanno trapelare un cauto ottimismo perché il dl su immigrazione e sicurezza definisce soluzioni non molto lontane dalle indicazioni della Commissione europea. In particolare l'esecutivo comunitario apprezza il fatto che il dispositivo dovrebbe portare a un aumento del numero dei rimpatri, l'estensione del periodo di detenzione, la riduzione dei tempi per le procedure e il legame tra le decisioni di rigetto della richiesta di protezione internazionale e l'ordine di tornare a casa. Toni ovviamente graditi dal vicepremier: «Una volta tanto a Bruxelles, invece di dire no con pregiudizio, a qualcosa che arriva dall'Italia hanno letto e hanno capito che si tratta di maggiore sicurezza». Ma proprio il cavallo di battaglia di Salvini - cioè l'aumento delle espulsioni e «tolleranza zero con furbetti e delinquenti che prima chiedono asilo poi spacciano e rubano» - potrebbe rappresentare uno scoglio per il decreto. I dubbi di giuristi e costituzionalisti, infatti, si concentrano sulla possibilità di sospendere la domanda di asilo e allontanare dall'Italia un richiedente asilo che sia stato condannato solo in primo grado. Forse il passaggio più delicato del decreto, perché in contrasto con l'articolo 27 della Costituzione, secondo il quale l'imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva. «Non possiamo derogare a dei valori costituzionali di garanzia», ha detto a Radio Radicale il presidente emerito della Consulta, Giovanni Maria Flick. A creare problemi potrebbe essere anche l'espulsione di un migrante che sta affrontando un processo e ha subito una condanna in primo grado. In questo caso sarebbe violato il diritto alla difesa e dunque l'articolo 24 della nostra Carta. «Ci sono già state delle sentenze della Consulta su casi di espulsione di stranieri che avevano un processo in corso e ha sempre prevalso il diritto della persona a potersi difendere nel processo», ha spiegato a La Stampa Cesare Mirabelli, altro ex presidente della Corte Costituzionale. Il passaggio dell'espulsione rischia anche di incassare rilievi di diritto internazionale, perché non è possibile rimandare i migranti, anche se condannati in via definitiva o ritenuti pericolosi per la sicurezza dello Stato, in Paesi che non garantiscono il rispetto dei diritti umani, per esempio dove è prevista la pena di morte. C'è infine un passaggio poco chiaro relativo alla sospensione della domanda di asilo e all'espulsione. Nel comunicato stampa del Consiglio dei ministri si parla di richiedenti asilo condannati in primo grado, mentre il testo della norma parla di richiedente «sottoposto a procedimento penale», quindi non ancora condannato.
Un monito arriva dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite: «Qualsiasi disposizione di legge adottata da
un paese firmatario della Convenzione di Ginevra del 1951 deve essere conforme agli obblighi e ai principi in essa contenuti, in primo luogo il principio di non respingimento. Invieremo osservazioni tecniche al governo».
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