Il siluro di mezz'estate contro il ministro dell'Economia Padoan non parte dalle opposizioni (del resto i Cinque Stelle sono troppo impegnati nei loro testa-coda sulle lobby, ieri famigerate e oggi corteggiate), ma dalla maggioranza. Anzi, di più: dal Pd. Anzi, di più: dal presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia.
Il quale ieri ha scelto il Fatto Quotidiano, giornale di feroce propaganda anti-renziana, per un'intervista al veleno contro il titolare dell'Economia. Giudicato da Boccia «non all'altezza della sfida» sulla questione banche (ma, sottintende Boccia, anche sul resto). «Di fronte all'ennesimo vorrei ma non posso del Mef dico basta», tuona l'esponente Pd. «Il nodo politico - spiega - è che non si è saputa governare l'esplosione delle sofferenze bancarie». Il fenomeno è prodotto dalla recessione degli ultimi 7 anni, di cui - concede - «non si può dare la colpa a questo governo», ma ora «serve una soluzione definitiva che metta in sicurezza il sistema», perché «chi da mesi sostiene che il sistema bancario è solido andrebbe messo tra gli ignavi». Lui una ricetta la ha: «Bisogna metterci soldi veri, 10-20 miliardi per ricapitalizzare le banche», e deve tirarli fuori la Cassa depositi e prestiti. «Non siamo più nelle condizioni di prendere scorciatoie, come fatto dal Mef fino ad oggi, perché rischiamo di ritrovarci senza più via d'uscita».
Il siluro non fa molto rumore, a dire il vero. Tace Padoan, tace il Mef, tace il Pd, tacciono tutti. L'unico che si entusiasma subito per l'uscita di Boccia, definendola «squarcio di verità» è Renato Brunetta di Fi, che reclama un'immediata audizione in Parlamento per Renzi e Padoan. A difendere il governo sono invece i capigruppo di Ncd, Lupi e Bianconi, che parlano di «uscita stonata» di Boccia, arrivata «proprio nel giorno in cui il governatore della Bce Mario Draghi dice di apprezzare il lavoro fatto dall'Italia e riconosce in casi eccezionali la necessità di una garanzia pubblica», e invocano «coesione nazionale» per affrontare il problema.
In casa renziana gli attacchi di Boccia vengono - a taccuini chiusi - derubricati a «questione personale» prima che politica, e non viene avallata la «pista lettiana»: il presidente della Commissione Bilancio è buon amico dell'ex premier, cui è rimasto legato, ma la critica a Padoan è tutta sua. Boccia, spiegano le stesse fonti, ha «pochi rapporti con il Mef», a differenza del suo omologo di Palazzo Madama, Giorgio Tonini, che ha un canale diretto col ministro e con il suo vice Morando. Le «trattative vere» insomma si fanno al Senato.
Mentre alla Camera, la presidenza della Commissione bilancio è considerata dal governo «una spina nel fianco»: «Durante la discussione delle nostre due finanziarie l'abbiamo avuta contro. E l'intervista serve a preannunciare che con la prossima sarà peggio».
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