È proprio un'«attrazione fatale» quella della nostra sinistra per le banche. O meglio quella specifica dell'ex Pci, evolutosi oggi nel Pd: proprio come nella pellicola hollywoodiana anni Ottanta, i protagonisti si bruciano a vicenda in un destino nefasto. Chi l'avrebbe mai detto che il rottamatore Matteo Renzi, tra uno staisereno e l'altro, avanzando a botte di riforme elettorali, abolizioni di Province e Senato e coup de théâtre per il Quirinale, sarebbe andato a sbattere proprio sulle banche popolari? Cioè sulla riforma che vuole trasformarle in normali società quotate in Borsa? E non è solo per la levata di scudi politica, economica e financo ecclesiastica che si è generata intorno al progetto del premier.
Già basterebbe quella, ma agli ostacoli si aggiunge ora l'imbarazzo: ieri la Procura di Roma ha aperto un'inchiesta sui movimenti «anomali» registrati in Borsa prima e dopo la prima fuga di notizie sulla riforma del governo del 16 gennaio. Un'inchiesta che segue le indagini aperte dalla Consob (lo sceriffo che vigila sulla Borsa), il cui presidente Giuseppe Vegas ha stimato in 10 milioni le «plusvalenze effettive o potenziali collegate a tale operatività». Bel guaio: è come se da Palazzo Chigi fosse uscita una notizia che più riservata non si può, a vantaggio di pochi. Guaio e reato penale, punito con multa e reclusione fino a due anni. Il sospetto, alimentato anche dalle ostentate frequentazioni di Renzi con esponenti della grande finanza, è che a speculare e magari a prepararsi a scalate bancarie, siano stati proprio i finanzieri amici del Pd.
E qui la storia si ripete. Pensate: sempre di ieri è la notizia che lo Stato, per la prima volta dalla privatizzazione del sistema bancario, entra nel capitale di una banca in grave difficoltà. Quel Monte dei Paschi di Siena che per 25 anni è stato gestito sotto la tutela dell'ex Pci attraverso le amministrazioni locali. Quel Mps, guidato fino al 2013 dall'ex tesserato Pci Giuseppe Mussari, finito sull'orlo del fallimento dopo avere nascosto scellerate operazioni in prodotti derivati. Una storia che secondo alcuni è costata la vittoria alle elezioni politiche del Pd di Pierluigi Bersani. Ma prima ancora tutti ricordano la scalata del 2003 che il sistema delle coop rosse con Unipol tentò alla Bnl, facendo (tra l'altro) esclamare «abbiamo una banca» all'allora segretario Ds Piero Fassino.
Tutti personaggi a cui le banche non hanno portato bene. Queste, poi, o sono rimaste lontane da loro, come il caso della Bnl; o si sono troppo avvicinate, come Mps, con risultati disastrosi per entrambe le parti. Chissà se Renzi riuscirà a fare eccezione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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