Sinistra sfilacciata sul salario. E antiproibizionisti alla carica

Quando Elly Schlein aveva promesso una «estate militante» più di uno nel Pd si era allarmato: temevano che la segretaria del Pd inventasse chissà quale mobilitazione ferragostana, rovinando ai suoi le meritate vacanze

Sinistra sfilacciata sul salario. E antiproibizionisti alla carica
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Quando Elly Schlein aveva promesso una «estate militante» più di uno nel Pd si era allarmato: temevano che la segretaria del Pd inventasse chissà quale mobilitazione ferragostana, rovinando ai suoi le meritate vacanze.

Avevano sottovalutato le potenzialità della politica telematica: è bastato lanciare la raccolta di firme virtuali sulla petizione per il «salario minimo subito» per salvare la capra (le ferie) e i cavoli (l'impegno militante). In pochi giorni, annunciano i promotori, si son superate di slancio prima le 100mila, poi le 200mila sottoscrizioni - tutte comodamente registrate online dal divano di casa o dall'ombrellone. E ieri, trionfanti, Pd e Cinque Stelle assicuravano che il traguardo delle 300mila è a un passo.

La reazione della maggioranza è assai aggressiva: il capogruppo di Fratelli d'Italia Tommaso Foti parla di «truffa»: «Si firma per il salario minimo subito. Ma nella pdl dell'opposizione c'è scritto: in vigore il 15 novembre del 2024. E non è finanziato: sono previsti benefici a favore delle imprese ma si demanda alla legge di Bilancio di reperirne i fondi. Dov'è il subito?». La sua collega di partito Marta Schifone accusa: «Il successo della petizione, sbandierato dalle opposizioni, è una fake news: tra i firmatari risultano anche Stalin, l'Apemaia e Sbirulino». I promotori replicano che le firme finte non vengono conteggiate, ma in ogni caso la polemica finisce per garantire ulteriore pubblicità gratuita all'iniziativa del centrosinistra. Che stavolta, e per la prima volta da quando è partito il governo Meloni, è convinta di aver imbroccato una battaglia che (sondaggi alla mano) incontra il favore dell'opinione pubblica, e che la premier ha difficoltà a gestire. «Possono fare i bulli in Parlamento o sui giornali, difficilmente potranno farlo con chi mette una firma e sceglie di schierarsi», dice il capogruppo Pd in Commissione Lavoro, Arturo Scotto.

Certo, la petizione lascia il tempo che trova, e il Pd ne è ben consapevole, ma nel vuoto agostano di notizie politiche diventa una efficace mossa propagandistica. Oscurando un certo sfilacciamento che trapela dal fronte dei promotori del salario minimo: sia Azione di Carlo Calenda che +Europa hanno rifiutato di far parte del comitato promotore della raccolta firme. «Avevo proposto di farla su Change.org, una cosa assai più agile di questo barocco comitato promotore con notaio eccetera», spiega Calenda. Che con i suoi, però, è stato più esplicito: «Se il responsabile del comitato è Vito Crimi, francamente preferisco non farne parte». Anche Benedetto Della Vedova spiega che i radicali hanno «deciso di non partecipare, senza polemica» a una «legittima iniziativa propagandistica», che - è il sottinteso - serve più a Elly Schlein per stare sui giornali che alla causa concreta del salario minimo, che comunque a settembre tornerà all'attenzione del Parlamento.

Intanto, mentre il Pd gioisce per la assai possibile conferma di un governo a guida Pse in Spagna, un altro governo di centrosinistra crea qualche imbarazzo a Elly Schlein: l'annuncio che il Cancelliere tedesco Olaf Scholz si appresta a dare via libera alla legalizzazione della cannabis anche per uso ricreativo in Germania viene accolta dal più impenetrabile silenzio dei Dem nostrani.

Un atteggiamento singolare: Riccardo Magi di +Europa sottolinea che l'abbandono delle «fallimentari politiche proibizioniste» equivale a «lotta alle mafie, più introiti per lo Stato e meno per la criminalità organizzata». Ma Elly Schlein si tiene alla larga da un tema che minaccia di spaccare il suo partito.

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