Soft o hard? Ora la Brexit spacca pure i conservatori

La premier May annuncia l'addio all'Unione entro marzo ma in molti nel suo partito vogliono procedure lunghe

Soft o hard? Ora la Brexit spacca pure i conservatori

Londra - Hard Brexit o soft Brexit? Questo è il dilemma. Non ha usato mezzi termini, domenica scorsa, il primo ministro britannico Theresa May, nel discorso d'apertura del Congresso Conservatore: la procedura per la Brexit avrà inizio entro la fine di marzo 2017. In parole povere, a quattro mesi da un referendum che la May ha definito «il più grande voto per il cambiamento che questo Paese abbia mai avuto», lei - che peraltro in Europa ci sarebbe rimasta - ha deciso di fissare una data per l'attivazione del famoso articolo 50 ovvero la norma del trattato di Lisbona che indica la prassi da seguire per uscire dall'Unione. E siccome, parafrasando una sua vecchia frase, «Brexit significa Brexit» ha anche promesso di introdurre il «Great Repeat Bill», una legge destinata a rimuovere il Trattato del 1972 che ha portato la Gran Bretagna nella Cee.

«Le nostre leggi devono essere fatte qui, non a Bruxelles» ha tuonato la May raccogliendo applausi a scena aperta, soprattutto da quella parte del partito più interventista che non vede l'ora di non dover dipendere dai burocrati dell'Unione. C'è da dire però che sull'uscita dall'Europa il partito di maggioranza appare diviso, sebbene il governo faccia di tutto per nasconderlo. I problemi sul tappeto sono molti e ancora non è chiaro che tipo di accordo sarà possibile su temi fondamentali come quello dell'immigrazione e del libero mercato. È vero che il tanto atteso disastro economico post referendum non si è concretizzato, ma rimane il fatto che subito dopo l'annuncio di domenica la sterlina è scesa in picchiata raggiungendo un nuovo minimo storico. Sono aspetti che sembrano preoccupare parecchio quella parte dei Tories da sempre europeista e che non sembra aver ancora accettato la decisione dei suoi elettori.

Quella parte che vorrebbe una «soft brexit» con procedura di uscita della durata di otto anni. «Ci sono almeno un centinaio di conservatori contrari a Brexit che non vogliono prendere posizione- ha dichiarato l'ex Cancelliere dello Scacchiere Ken Clarke, il cui filoeuropeismo è ben noto - e credo che dovranno farlo se non vogliono comportarsi da codardi. Nessuno nel governo ha la benché minima idea di dove andremo a parare in futuro e attualmente c'è uno stato d'incertezza gravissima nelle nostre relazioni politiche e commerciali con il resto del mondo. Se continuiamo così la situazione diventerà sempre più pericolosa». Clarke è tra quelli che ritiene che il Parlamento debba dire la sua sul tema. «Sono convinto che la Camera debba discutere prima o poi del problema - spiega - troverei incredibile che il Parlamento non possa dire nulla e che la decisione sia lasciata ai soli ministri». La May però la pensa diversamente dato che ha già escluso un qualsiasi voto delle Camere su Brexit che rimarrà di assoluta competenza del Governo. Nel tentativo di calmare le acque il Premier ha promesso un'uscita «concordata nel modo migliore possibile insieme agli altri Stati membri, non un abbandono improvviso» che causi ulteriore instabilità.

Per ora però, più che di una promessa si tratta di una speranza, come ha fatto capire ieri anche il Ministro all'Economia Philip Hammond. Nel suo intervento Hammond ha infatti sottolineato che la Brexit causerà ancora parecchia «turbolenza» nell'economia nazionale destinata a sopportare un lungo periodo di pesanti oscillazioni.

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