Non c'è pace per la legge di Stabilità, nemmeno alla vigilia del varo. Ieri, a 24 ore dall'approvazione, in programma per il consiglio dei ministri convocato oggi pomeriggio, fonti della Commissione europea hanno dato corpo ai timori di Bankitalia. Il via libera di Bruxelles alla manovra, con i conti contenuti nella nota di aggiornamento del Def approvata proprio ieri dall'aula della Camera, non è per nulla scontato. La ex finanziaria rischia di essere rispedita a Roma perché la legge sarà giudicata anche alla luce dell'aggiustamento strutturale di «almeno lo 0,7% del Pil» che nelle nuove previsioni del governo non c'è.
Anche ieri, al termine dell'Ecofin che si è tenuto al Lussemburgo, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha confermato un aggiustamento strutturale sotto lo 0,1% del Pil. C'è uno scarto di mezzo punto percentuale tra gli impegni e quanto l'Ue si aspettava e questo sarà considerata «una seria violazione» delle raccomandazioni che, secondo la fonte della Commissione, potrebbe portare a «all'apertura di una procedura di infrazione» contro l'Italia per debito eccessivo. A preoccupare è il passaggio della correzione del Def dove il governo dice che non è «né fattibile né auspicabile» la riduzione del debito nella misura prevista dai patti.
Minacce non nuove quelle di Bruxelles, che però questa volta arrivano pericolosamente a ridosso del varo della legge. Il ministro dell'Economia ha replicato confermando, appunto, una correzione mini del deficit, dando garanzie solo sul rispetto del 3% del rapporto deficit/Pil. «Staremo sotto. E andremo avanti con il consolidamento strutturale». Il problema è il quanto. Molto è da decidere: «La legge deve ancora essere approvata», ha spiegato Padoan, confermando una linea più prudente rispetto a qualla di Palazzo Chigi, anche se ieri il premier ha assicurato che non c'è «nessuna divergenza» con via XX settembre.
A fare scattare lo stop di Bruxelles è stata anche la lista di impegni presi dal premier Renzi lunedì al convegno di Confindustria. I tagli delle tasse sulle imprese e gli sgravi contributivi pro assunzioni non rientrano tra le priorità della nuova Commissione europea. Ma Renzi difende le sue scelte e attacca la linea rigorista: «Anche il G20 in Australia avrà il focus sulla crescita. Ormai tutto il mondo, tranne qualcuno in Europa, ha capito che la crescita è la cosa più importante». In serata invece l'esecutivo si è salvato per un solo voto in Senato sulla risoluzione di maggioranza che sposta il pareggio di bilancio al 2017: 161 i «sì».
Un sostegno importante al governo è arrivato dall'agenzia di rating Moody's secondo la quale gli «accelerati» sforzi di riforma dell'Italia e la «forte posizione di bilancio» del Paese stanno bilanciando il possibile impatto della recessione sul rating, che resterà su Baa2. Per il 2014 l'agenzia ha previsto un calo del Pil dello 0,3%, più 0,5% nel 2015.
Tra le misure della manovra da 30 miliardi, il taglio dell'Irap, che sta creando qualche disagio, ad esempio tra i governatori. Ieri il presidente della giunta veneta Zaia, ha osservato come sia inutile togliere l'imposta se poi le imprese vengono «massacrate» con altre tasse.
Nella manovra ci sarà la decontribuzione per i prossimi tre anni a favore di chi assume a tempo indeterminato. Ancora giallo sul Tfr. Il governo sta lavorando ancora al progetto che si tradurrà in una «quattordicesima» ai lavoratori dipendenti, attraverso l'anticipo volontario di una quota del trattamento di fine rapporto. Per farlo serve un accordo con le banche che ieri ancora non era stato chiuso, ma che è sempre più vicino. Il piano Tfr potrebbe entrare nella legge di stabilità. Ieri il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio ha prima negato che il tema possa essere affrontato oggi e poi lo ha di fatto confermato. Se non sarà con la legge di stabilità, arriverà con un decreto collegato alla ex finanziaria.
di Antonio Signorini
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