«Tutte le case sono dichiarate inagibili». Quando arriva l'annuncio del sindaco Giuliano Pazzaglini, gli abitanti di Visso scuotono la testa e rumoreggiano. È una misura necessaria se si vuole dare a tutti la possibilità di dormire in albergo almeno i primi giorni, magari solo una notte. Ma questa è zona sismica e si sa come vanno a finire queste cose. «Durerà anni», dice Luciana, che poco prima ha contestato il primo cittadino. Sicura che le sistemazioni provvisorie offerte dal commissario Vasco Errani e illustrate da Pazzaglini diventeranno sistemazioni stabili e poco comode. Sono casette di legno di 40 metri quadri e saranno pronte in sette mesi. Forse un anno. L'altra scelta sono abitazioni da prendere liberamente in affitto con un contributo pubblico. In entrambi i casi e fino a quando non saranno state individuate le abitazioni agibili, ci sono gli alberghi di Civitanova. Luciana lo sa perché fa parte del gruppo degli sfollati due volte. Dovettero lasciare Castelsantangelo sul Nera dopo il sisma del 24 agosto. Furono sistemati a Visso che era stata risparmiata e ora devono lasciare la prima casa provvisoria per una seconda soluzione di emergenza. Sono decine di persone: famiglie, anche con persone disabili che hanno già iniziato la difficile ricerca di una sistemazione senza barriere.
Ieri nei comuni più colpiti, oltre a Visso e Castelsantangelo c'è anche Ussita, il sentimento prevalente era il sollievo perché il terremoto di mercoledì non ha fatto vittime. Ma non è stato un sisma diverso da quello di Amatrice o da quello dell'Aquila. «È lo stesso sistema di faglie che va dall'Aquila fino a Norcia», spiega Andrea Pignocchi, presidente dell'ordine dei Geologi delle Marche mentre si aggira nel campo dei soccorsi di Viso. «Se non ci sono state vittime è anche perché dopo il terremoto del 1997 - aggiunge - gli edifici sono stati ricostruiti secondo criteri antisismici». Poi c'è l'orario favorevole e il fatto che le scosse sono state due. «Dopo la prima siamo usciti tutti in strada. Quando è arrivata la seconda nessuno era rientrato», racconta don Gilberto, parroco della collegiata di Visso. Chiesa romanica con affreschi del 400 che è inagibile da agosto e ora ha subito danni ancora più seri.
Ci vorranno anni per recuperare i centri storici dei paesi vicini all'epicentro. La prima preoccupazione di don Gilberto è di carattere «commerciale»: «Qui vivono tutti di turismo». Antonio Montebovi è tra i più preoccupati. Ha un negozio storico di calzature che di chiama Il Piedone. Ha ricevuto centinaia di telefonate da tutta italia. «Volevano ospitarmi tutti, da Bergamo a Palermo». Ora è pessimista perché per il sisma degli anni Novanta i commercianti ebbero poco e dovettero restituire tutto. Il terremoto di mercoledì arriva dopo un inverno senza neve e la stagione estiva, terminata con i crolli di Amatrice. «Non ho fiducia in una burocrazia che per installare l'ascensore per in disabile chiede chili di scartoffie e fa aspettare anni per un rimborso».
Sollevato Alessandro detto Sasha, perugino da 10 anni cittadini di Visso. Ha le braccia visibilmente ferite. «Niente di grave mi hanno graffiato i miei gatti mentre li salvavo». Ha un negozio di telefonia, che non ha subito danni diretti.
Nei paesi del terremoto senza morti comincia a serpeggiare già il malcontento per la ricostruzione. Si parla di una esclusione a priori delle ditte locali, che conoscono il territorio e ormai sono specializzate in antisismica.
Tutti sollevati per come è andata fino ad ora. L'emergenza gestita bene dalla Protezione civile e dall'esercito. Non c'è l'affollamento di sigle pubbliche e di volontariato di Amatrice, ma la macchina dell'emergenza funziona. L'Esercito, coordinato dal generale Sergio Santamaria, è intervenuto subito. Hanno distribuito 500 pasti e le tende per i pochi che resteranno in zona. Poi liberano le vie di acceso. Due delle tre strade che collegano le zone terremotate ieri erano bloccate da massi di tutte le dimensioni e già ieri sono iniziate le operazioni per liberarle.
Unico neo, la sistemazione provvisoria sulla costa adriatica.
«Io al mare? Mai!», era il leitmotiv di ieri. Ma la prospettiva di un'altra notte nelle automobili e forse peggiore. E in serata i pullman per gli hotel di Civitanova erano pieni di montanari disposti a trasferirsi, per un po', ad altitudine zero.
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