RomaGiuseppe Castiglione non è l'unico rappresentante del governo indagato. Altri tre sottosegretari sono sotto inchiesta, oltre a decine di parlamentari. Una situazione che periodicamente torna d'attualità mettendo in imbarazzo il premier Matteo Renzi, accusato da più parti di usare due pesi e due misure nel decidere quali indagati devono lasciare la poltrona e quali no.
Perché all'ex ministro Matteo Lupi, soltanto sfiorato dall'inchiesta sulle Grandi Opere (ma mai indagato) per un'orologio ricevuto in regalo dal figlio, è stato riservato un certo trattamento, che lo ha portato alle dimissioni, mentre per altri indagati tra i «suoi» uomini, alcuni addirittura nominati quando erano già noti i loro guai con la giustizia, di dimissioni non s'è parlato per niente? E ora che farà il presidente del Consiglio con il sottosegretario Castiglione accusato di turbativa d'asta nell'indagine sull'appalto per la gestione del Cara di Mineo e ieri perquisito dai carabinieri? Per la verità del coinvolgimento di Castiglione si era già parlato a marzo scorso, ma da Renzi silenzio assoluto. Ora la Procura di Catania ha ufficializzato l'iscrizione nel registro degli indagati del sottosegretario e dunque ci si dovrebbe aspettare una presa di posizione del governo. Che in altri casi analoghi, di deputati e senatori del Pd e del Nuovo centrodestra alle prese con grane giudiziarie, non c'è stata. Anzi c'è sempre stato un ipergarantismo con i membri del partito, mentre indagati di altri schieramenti finivano sulla graticola per niente. Nessuna coltellata alle spalle per la dem sarda Francesca Barracciu, sottosegretario ai Beni Culturali, quella della lite via Twitter con Alessandro Gassman, quando è stata accusata di peculato perché sospettata di aver utilizzato illegittimamente i fondi destinati ai gruppi del Consiglio regionale della Sardegna. La Procura di Cagliari le contesta spese per 78mila euro. Per questo motivo dovette rinunciare a correre nelle primarie del centrosinistra in vista delle regionali sarde su invito di alcuni esponenti del suo partito, anche se poi Renzi la ripagò facendola entrare nel governo.
Il sottosegretario alla Salute targato Pd Vito De Filippo è coinvolto nell'inchiesta sulla «rimborsopoli» lucana per presunti reati commessi quando era governatore della Basilicata. Nel 2013 avrebbe chiesto il rimborso spese per vari acquisti personali e per questo rinviato a giudizio per peculato e costretto a dimettersi. Si è sempre difeso sostenendo di essere nei guai per un uso eccessivo di francobolli da parte della sua segretaria. Lo scorso gennaio, inoltre, la Corte dei Conti lo ha condannato a risarcire 2.641 euro. Guai con le spese pazze, in questo caso alla Regione Sicilia, anche per il responsabile del Welfare del Pd, Davide Faraone. Nessuna preoccupazione per lui: «Non ci sarà alcun rinvio a giudizio, in caso contrario mi dimetterò». Simona Vicari, sottosegretaria allo Sviluppo Economico in quota Ncd, è invece sotto inchiesta per concorso in falso per presunti favori all'ex presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro, in carcere per favoreggiamento alla mafia. La Vicari durante le sue visite avrebbe spacciato per suoi assistenti alcuni amici e fedelissimi di Cuffaro che potrebbero aver ricevuto direttive sullo «spostamento» di alcune proprietà.
Poi c'è Umberto Del Basso de Caro, sottosegretario alle Infrastrutture, che è stato indagato per i rimborsi del Consiglio regionale della Campania con altri consiglieri fino a quando, lo scorso marzo, il gip di Napoli ha archiviato la sua posizione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.