Questione di priorità. Non è trascorso neppure un mese dalle elezioni, ma lo scenario della comunicazione post-voto sembra descrivere un'Italia completamente diversa da quella della campagna elettorale.
Nei giorni scorsi il profilo Twitter di «Grim» faceva notare in maniera molto acuta l'anomalia di questo ribaltone e di questa velocissima rivoluzione e riscrittura dei temi cardine dell'agenda del nostro Paese. «Spariti dai media dopo il 4 marzo: 1) pericolo fascista 2) Ius Soli 3) forte ripresa economica 4) emergenza fakenews. Apparsi sui media dopo il 4 marzo: 1) terrorismo islamico 2) ripresa deludente 3) macigno debito pubblico 4) moniti europei».
Le ragioni di questo strano fenomeno hanno diverse chiavi di lettura. Innanzitutto il gioco di specchi tipico della campagna elettorale dove la drammatizzazione della comunicazione punta a intercettare le paure e gli umori dell'elettorato. Se di solito, però, ciascuna forza politica enfatizza il tema che ritiene più caro al proprio elettorato, in questo caso con il lancio del fantomatico «pericolo fascista» si è fatto qualcosa di più, cercando di creare una vera e propria realtà parallela assolutamente inverosimile, come i risultati delle forze di destra estrema hanno dimostrato alla prova del voto (ammesso e non concesso che questi soggetti fossero davvero intenzionati a tentare di sovvertire l'ordine democratico).
La seconda chiave di lettura sta nella fotografia di una realtà che torna a far vedere i propri contorni, dispersi i fumi della propaganda pre-elettorale. Lo fa ad esempio su una situazione economica per la quale non si intravedono purtroppo segnali di inversione di rotta, nonostante i lampi di ottimismo comunicativo amplificati dai telegiornali tra dicembre e febbraio. La vera Italia, insomma, rialza la testa e spunta fuori dalle nebbie post-voto, costretta a fare i conti con i propri problemi reali.
La terza chiave di lettura è la tesi sposata da coloro che leggono in questa nuova gerarchia delle priorità il tentativo di avvelenare i pozzi e annacquare il risultato elettorale. In sostanza mettendo sotto i riflettori le asperità di questo difficile momento dell'Italia si vorrebbe segretamente favorire un governo non politico, una riedizione di un esecutivo del presidente, reso ineludibile dalla necessità di rispondere con figure affidabili a una situazione di emergenza, evitando pericolosi salti nel buio con personaggi inesperti o inaffidabili.
Di certo, al netto delle priorità (rapidamente) cangianti di questi mesi, tra propaganda, tentativi di influenzare il voto e di incidere sull'identità del nuovo governo, ci sono da tenere nel debito conto gli umori reali degli italiani. Un sondaggio realizzato dall'istituto SWG sul programma elettorale agognato dagli italiani risalente al gennaio scorso raccontava come al primo posto svettasse con ben 26 punti di distacco rispetto a tutti gli altri l'aumento dei salari attraverso il taglio delle tasse. Un tema - quello del portafoglio - che mette d'accordo praticamente un italiano su due. Al secondo posto figurava lo stop agli immigrati, seguito dal taglio della Pubblica amministrazione.
Si posizionava bene anche la riforma della scuola, un tema ritenuto di maggiore interesse per gli italiani rispetto all'introduzione dello Ius Soli. Una bussola, questa delle priorità reali, che in queste settimane tutte le forze politiche dovrebbero tenere bene a mente.
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