«Facendo una valutazione spannometrica nelle ultime tre settimane, qui a Pisa, i malati Covid seri si contano sulle dita di una mano. La malattia si è veramente diradata. C'è un chiaro rallentamento del virus e la sperimentazione nazionale sul plasma probabilmente non riuscirà a decollare. Inoltre ci sono sempre meno donatori ideali».
L'infettivologo dell'Aoup, Francesco Menichetti, è il coordinatore scientifico di «Tsunami», cioè dello studio avviato dall'Aifa sulla cura con il plasma dei guariti sui pazienti Covid. E l'esperto sembra scettico sulla possibilità di risultati concreti, almeno in questa fase 2, per carenza di materia prima. «Lo studio, annunciato ma non ancora partito, prevede di arruolare 474 malati in due gruppi ma ci saranno difficoltà nel reperirli. Fatta eccezione per alcune zone del nord Italia, c'è una flessione generale del covid classico, sintomatico e delle polmoniti lievi, moderate e gravi». Per Menichetti, resta l'importanza della donazione. «La potenziale risorsa del plasma iperimmune non va sprecata. Bisogna donarlo, per poi stoccarlo e congelarlo».
Attualmente sono sessanta i centri che hanno aderito allo studio nazionale del plasma e tutti stanno lavorando per fare magazzino di materia prima. Ma la raccolta diventa sempre più difficile. «Il tempo lavora contro di noi. Dobbiamo incrementare l'arsenale, la finestra di opportunità si sta chiudendo. Si sta depauperando il donatore ideale». Menichetti spiega che se fai l'infezione pauci o asintomatica gli anticorpi scarseggiano a differenza degli ex pazienti gravi che invece posseggono un'alta carica anticorpale da cui si deve raccogliere il plasma preferibilmente entro i 30 giorni dalla guarigione.
Dunque, attualmente ci sono pochi malati seri e quindi pochi donatori. Risultato? «Il collo di bottiglia si stringe. Il tempo passa commenta - e probabilmente la dimostrazione scientifica sulla validità del plasma ce la daranno gli americani».
Negli Usa, in effetti, gli studi sul plasma proseguono su grandi numeri. Anche in previsione dell'evoluzione. Che significa non più plasma ma fiale da iniettare in endovena o intramuscolo di sole immunoglobuline iperimmuni derivate dal plasma da convalescente. Ci stanno lavorando in molte case farmaceutiche nel mondo. Come l'italiana specializzata in emoderivati Kedrion della famiglia Marcucci, che il mese scorso ha donato a diversi ospedali italiani la strumentazione e i kit necessari per eseguire l'inattivazione del plasma.
L'obiettivo dell'azienda è quello di trasformare plasma dei convalescenti in fiale sicure che servano sia per la cura del Covid sia per la profilassi di categorie a rischio. «Entro l'autunno renderemo disponibile il prodotto . Sono flaconi che possono essere usate in via endovena o intramuscolare spiega Danilo Medica, country manager di Kedrion Italia in giugno la Columbia University inizierà le prime valutazioni per verificare il titolo di anticorpi contro il virus». Il costo del prodotto? «Al momento è non possibile definirlo. Attualmente il prezzo di mercato delle immunoglobuline standard (non da plasma convalescente) oscilla tra i 45 e i 50 euro al grammo».
In Italia dove la donazione è gratuita, il prezzo del farmaco potrebbe calare poiché dovrebbe coprire solo la trasformazione del plasma che poi verrebbe restituito in fiale al sistema nazionale.
«Da un chilo di plasma si possono ricavare quattro grammi di immunoglobuline standard; diverso sarà per le immunoglobuline iperimmuni da plasma convalescente» aggiunge Medica che delinea due scenari: «Il plasma dei convalescenti potrà essere utilizzato in ospedale ad uso trasfusionale e anche conferito alle industrie per inattivarlo e renderlo disponibile in grandi quantità o per trasformarlo in un farmaco, l'immunoglobulina. E in questo modo speriamo di offrire ai medici un'arma efficace contro questa malattia».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.