Roma Altri 53,2 miliardi di euro. È l'incremento del debito pubblico italiano certificato da Bankitalia nel 2018 (2.316,7 miliardi dai 2.263,5 dell'anno precedente. Si tratta di un trend preoccupante considerato che al 31 dicembre scorso le entrate tributarie hanno segnato un incremento del 3,6% annuo a 463,4 miliardi, una crescita superiore a quella del Pil (+1%).
Secondo l'economista di Fi, Renato Brunetta, «con l'entrata in recessione dell'Italia dal quarto trimestre del 2018, il rapporto debito/Pil 2019 sarà più alto del 2,04% preventivato, probabilmente tra il 2,5% e il 3,0%». In quest'ambito Confindustria ha invitato il governo a intervenire sulle clausole di salvaguardia che «sono diventate controproducenti, invece di rassicurare istituzioni europee e mercati, stanno avendo l'effetto di aumentare l'incertezza sui conti pubblici». Non sorprende, perciò, la sfiducia degli investitori: a novembre 2018 lo stock dei titoli di Stato detenuti all'estero era pari a 646,8 miliardi (27,5% del totale), in calo rispetto ai 651,8 miliardi di ottobre (27,9%).
Lo scenario di rallentamento è stato confermato anche dall'Istat. Nel 2018 il surplus commerciale italiano ha raggiunto i 39,8 miliardi (47,6 miliardi nel 2017), un dato positivo ma che risente della brusca frenata delle esportazioni registrata nell'ultimo periodo dell'anno. Il deterioramento del quadro macroeconomico ha spinto l'agenzia di rating Fitch a seguire la strada di Moody's rivedendo al ribasso le stime di crescita dell'Italia nel 2019 dall'1,1% allo 0,3% nell'ambito di una generale sforbiciata alle previsioni di incremento del Pil dell'Eurozona (da +1,7% a +1% sia per l'area euro che per la Germania). L'agenzia di rating Fitch taglia le stime di crescita per l'Italia: è il Paese dell'Eurozona che frena di più, con le previsioni sul Pil ridotte dall'1,1% allo 0,3%, assieme alla Germania (dall'1,7% ad appena sotto l'1%). La prospettiva di un rafforzamento delle forze euroscettiche nelle prossime elezioni europee «potrebbe aumentare le tensioni sui mercati finanziari, danneggiare le fiducia e ridurre gli investimenti». Ecco perché, secondo Fitch, «il deterioramento delle prospettive di crescita e il calo delle aspettative di inflazione potrebbero spingere la Banca centrale europea a riavviare gli acquisti di asset, cioè il quantitative easing».
Anche la Banca centrale europea ha confermato che l'ipotesi è tutt'altro che peregrina. È possibile che venga messa in piedi una nuova tornata di finanziamenti agevolati per il settore bancario (Tltro).
L'esponente del consiglio direttivo, Benoit Coeuré, ha dichiarato che «un nuovo piano è possibile purché l'operazione non si riveli un semplice regalo alle banche ma contribuisca a favorire il raggiungimento degli obiettivi di politica monetaria della Bce». In ogni caso, bisognerà attendere la prossima riunione del 7 marzo e i successivi annunci del presidente Mario Draghi.
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