"Spiato in modo illegale". Ecco il trucco dei pm per incastrare Berlusconi
La denuncia della difesa: la Procura ha intercettato il Cavaliere nel caso Ruby con lo pseudonimo "Andrea Nascente". Quei colloqui non si possono acquisire
La denuncia della difesa: la Procura ha intercettato il Cavaliere nel caso Ruby con lo pseudonimo "Andrea Nascente". Quei colloqui non si possono acquisire

Undici intercettazioni in cui si sente la voce di Silvio Berlusconi sono al centro del nuovo, aspro scontro tra il Cavaliere e la Procura della Repubblica di Milano. Per il semplice motivo che quelle intercettazioni secondo i legali dell'ex premier sono state realizzate violando la legge e la Costituzione, aggirando con un trucco le norme che avrebbero imposto di chiedere l'autorizzazione al Parlamento. E ora il tentativo dei pm di utilizzare le intercettazioni nella nuova inchiesta contro Berlusconi aggrava ulteriormente la situazione.
È più un atto di accusa che una memoria difensiva, il documento che ieri Federico Cecconi, legale di fiducia del leader di Forza Italia, deposita in una udienza davanti al giudice preliminare Stefania Donadeo. Il gip è chiamato a decidere sulla richiesta della Procura di inoltrare al Senato istanza di utilizzare le undici telefonate nel cosiddetto processo Ruby ter, che vede il Cavaliere indagato per corruzione in atti giudiziari, insieme ad una pletora di testimoni che lo hanno difeso nei processi già celebrati (e entrambi bocciati dalla Cassazione). Questa procedura è prevista dalla legge per i casi in cui un parlamentare venga intercettato per caso, ascoltando i telefoni di un indagato qualunque, e successivamente la Procura senta la necessità di utilizzare i nastri in un procedimento.
Ma in questo caso, scrive Cecconi nelle 26 pagine della sua memoria, le cose sono andate ben diversamente. La procura ha indagato di fatto su Silvio Berlusconi, nascondendolo sotto lo pseudonimo di «Andrea Nascente», senza iscriverlo nel registro degli indagati. E ha messo sotto controllo i telefoni di due «Olgettine», Barbara Guerra e Iris Berardi (celate a loro volta sotto gli alias di Battaglia e La Presti) con l'obiettivo preciso di intercettare le loro conversazioni con Berlusconi. L'autorizzazione «a posteriori» da parte del Parlamento, scrive il legale, è possibile solo «per la utilizzabilità di attività di intercettazione telefonica casualmente/occasionalmente interessante un membro del Parlamento, in via del tutto incidentale ed imprevista coinvolto nell'ambito di una inchiesta a carico di soggetti terzi».
Ma i contatti tra le due ragazze e il Cavaliere, in realtà, non erano affatto occasionali o imprevisti: anche se le chiamate che i pm considerano utili sono solo undici, e quelle intercettate ventinove in tutto, i tentativi delle Olgettine di parlare con il Cavaliere sono una infinità: «ben 400, di cui 361 riferibili a Barbara Guerra e 39 dall'utenza riferibile alla Berardi». Un martellamento telefonico (cui il Cavaliere quasi sempre si sottrae) che rendeva ovvio che mettendo sotto controllo i cellulari delle ragazze si potesse, alla fine, riuscire a ascoltare anche l'ex premier, allora senatore e quindi coperto dall'immunità: «A fronte di ciò pare di tutta evidenza l'oggettiva impossibilità di riferire alle intercettazioni telefoniche la qualifica di intercettazioni occasionali o fortuite».
D'altronde, spiega Cecconi nella sua memoria, la prima a sapere che quelle intercettazioni non si potevano usare, era la stessa Procura, che il 4 marzo 2013 chiese l'archiviazione dell'inchiesta per corruzione giudiziaria aperta contro la Guerra e la Berardi, a fronte della «dubbia utilizzabilità vista la carica istituzionale del Nascente (ovvero Berlusconi, ndr ) e le problematiche connesse alla valutazione della occasionalità o meno delle intercettazioni».
Ora la Procura smentisce se stessa, dice che le intercettazioni di Berlusconi avvennero per caso, e chiede di poterle depositare nel processo per corruzione giudiziaria che si appresta a chiedere contro il Cavaliere. Entro dieci giorni, la decisione del giudice Donadeo.
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