Cronache

Sta troppo sul web: giusto licenziare

Sentenza della Cassazione sul lavoratore che usa la rete aziendale

Sta troppo sul web: giusto licenziare

Ventisette connessioni a internet in due mesi, della durata complessiva di 45 ore, per migliaia di kbyte, per ragioni non attinenti l'attività lavorativa, giustificano il licenziamento del dipendente, costituendo «un ampio e indebito utilizzo dello strumento, contrario alle regole elementari del vivere comune», chiaramente in violazione dei doveri di diligenza e fedeltà.

Accedere in modo sistematico a social, email personale o a siti commerciali, non pertinenti alle proprie mansioni, può dunque costare il posto di lavoro.

Tale comportamento diviene ancor più grave in considerazione del «ruolo» e della responsabilità che il lavoratore ricopre in azienda, sostengono i giudici di legittimità. Nel caso di specie, lo «sfortunato» lavoratore era «responsabile» di un intero dipartimento sul territorio nazionale e - per la Suprema Corte - ciò ha reso ancora più grave la sua condotta negligente (ossia, l'«utilizzo indebito dello strumento aziendale non solo reiterato ma anche, e di conseguenza, intenzionale»).

Per gli ermellini anche le contestazioni del lavoratore in merito alla violazione della normativa sulla privacy sono del tutto infondate: l'azienda si era infatti limitata a verificare l'esistenza di accessi indebiti alla rete internet e i relativi tempi di collegamento, senza compiere alcuna analisi dei siti visitati dal dipendente durante la navigazione o della tipologia dei dati scaricati, né infine se li ha salvati sul suo pc.

Né tanto meno, tali verifiche da parte del datore di lavoro hanno costituito un «controllo a distanza della prestazione lavorativa», vietato dall'artiolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, salvo siano rispettati certi limiti ivi indicati.

Il «controllo a distanza» precisa la Suprema Corte è l'attività che abbia ad oggetto la prestazione lavorativa e il suo esatto adempimento, restando invece esclusa l'attività del datore di lavoro volta a individuare la realizzazione di comportamenti illeciti da parte del dipendente, «idonei a ledere il patrimonio aziendale sotto il profilo della sua integrità e del regolare funzionamento e della sicurezza degli impianti».

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