Allo Stato basta un sospetto per prendersi i nostri soldi

Secondo la Cassazione l'alibi dell'evasione fiscale non basta per scongiurare la confisca: dimostrare ai giudici che i beni derivano da attività lecite è inutile

Allo Stato basta un sospetto per prendersi i nostri soldi

Roma - Non hai pagato le tasse? I giudici ti possono confiscare tutti i beni. Anche se non sei stato condannato, ma solo raggiunto dal sospetto di aver commesso un qualunque reato, non necessariamente di mafia. È l'effetto di una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione chiamate a risolvere un conflitto giurisprudenziale sul calcolo della sproporzione fra i beni posseduti e i redditi dichiarati, che fa scattare la confisca. Ebbene, i supremi giudici ritengono che per arrivare ad individuare «il presupposto della sproporzione tra il reddito e le attività economiche del soggetto deve tenersi conto anche dei proventi dell'evasione fiscale».

Non importa se si è in grado di dimostrare che il denaro accumulato deriva da attività lecite seppur non dichiarate al fisco. Le misure di prevenzione, che si applicano a chi è sospettato di essere socialmente pericoloso, scattano lo stesso. E addio al patrimonio. La giustificazione dell'evasione fiscale non è più spendibile dopo questa sentenza. Anche se in passato si è aderito a un qualche «condono tombale» e dunque si credevano risolte le proprie pendenze tributarie. La sentenza è la numero 33451 depositata in cancelleria lo scorso 29 luglio. Parte tutto dal ricorso di un uomo calabrese, condannato per associazione di stampo mafioso, contro la misura di prevenzione disposta nei suoi confronti dal Tribunale di Milano. Una questione controversa, quella della validità o meno dell'evasione fiscale per giustificare i propri redditi, che ha convinto il collegio della prima sezione a scomodare le Sezioni Unite. C'era molta attesa negli uffici giudiziari per questa pronuncia, perché anche se per i non addetti ai lavori la materia delle misure di prevenzione è ostica, le conseguenze possono ricadere su chiunque sia anche solo sospettato di vivere infrangendo la legge. Per gli ermellini, infatti, non è necessario distinguere se le attività illegali siano o meno di tipo mafioso «essendo sufficiente la dimostrazione dell'illecita provenienza dei beni confiscati, qualunque essa sia, anche se gli stessi costituiscano il reimpiego dei proventi dell'evasione». Sicuramente, ritiene la Corte, «la frode fiscale integra ex se attività illecita anche qualora non integri reato». «Né si può ignorare - si legge nella sentenza - che la sottrazione di attività pur lecite agli obblighi fiscali inevitabilmente porta con sé altre connesse illiceità». E chi credeva di aver sanato la propria posizione con il fisco aderendo ai passati condoni, non è immune da confisca. I giudici si soffermano anche su questo. «Il cosiddetto “condono tombale” - ricordano - non sposta i termini della questione: ed infatti non rileva che a seguito del perfezionamento dell'iter amministrativo le somme di cui all'evasione fiscale entrino a far parte legittimamente del patrimonio del proposto, dal momento che l'illiceità originaria del comportamento con cui quest'ultimo se l'era procurate continua a dispiegare i suoi effetti ai fini della confisca». Le Sezioni Unite osservano che quando c'è evasione fiscale è evidente che gli utili vengano reimpiegati nel circuito economico dell'evasore «con una confusione di utilità lecite-illecite che è proprio quello che la normativa vuole impedire».

Tra i giuristi la sentenza è stata accolta con un certo scetticismo. «Ritengo sia una pronuncia non condivisibile - commenta l'avvocato Nicola Madia, dottore di ricerca in Diritto e procedura penale alla Sapienza di Roma - perché in questo modo lo Stato si appropria dei beni dei cittadini non condannati ma sospettati di reati, non solo di mafia. Anche se il cittadino dimostra che i beni sono di provenienza lecita, pur se in parte derivanti da evasione fiscale, determinando in favore dello Stato un ingiusto arricchimento.

Anche perché lo Stato, per lo meno in passato, ha sostanzialmente accettato e perdonato l'evasione tramite condoni, così che appare schizofrenico che oggi si riprenda quei beni acquistati dai privati con soldi regolarizzati sul piano fiscale. Inoltre così il cittadino viene punito due volte: con le sanzioni tributarie connesse alla frode fiscale e con la confisca dei beni».

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