Lo Stato spreca pure sulla carità Buttati due miliardi in vent'anni

I soldi dell'8 e del 5 per mille destinati alle mense dei poveri, alle parrocchie e alle associazioni di volontariato non sono mai arrivati a destinazione. Con buona pace dei contribuenti

Lo Stato spreca pure sulla carità  Buttati due miliardi in vent'anni

Quelli che ogni tanto se ne escono con il classico «stanno smantellando lo stato sociale» dovranno rivedere le loro preoccupazioni. Abbiamo smantellato ben altro. La demolizione è arrivata al punto che in Italia abbiamo fallito anche nel gesto solidale che alla base delle comunità umane, quello che vede qualcuno cedere volontariamente parte dei suoi averi al prossimo in difficoltà. È noto che all'Italia, nonostante 800 miliardi di spesa pubblica, riesca malino anche l'ordinaria amministrazione. Quella che veniva data per scontata anche negli ordinamenti liberali minimi ottocenteschi. Ma da certi dati viene fuori altro. Allo Stato, a quanto pare, non riesce bene nemmeno fare la carità.Già da qualche anno esiste una versione fiscale della solidarietà, c'è l'otto per mille, dedicato alle religioni ufficialmente riconosciute. Poi il cinque per mille, per le associazioni no profit. Il Sole 24 ore ieri ha calcolato che un terzo dei soldi destinati dai contribuenti a vari soggetti, non è mai arrivato a destinazione. Su 6,6 miliardi accumulati in 20 anni (2,6 miliardi generati dall'8 per mille e 4 dal 5 per mille) solo 4,3 miliardi sono andati dove dovevano andare. Con buona pace dei contribuenti e della loro firma. Sarebbe stato meglio staccare un assegno da consegnare direttamente alle mense dei poveri, alla parrocchia cattolica, al pastore protestante o al rabbino della propria città, senza passare per la mediazione dello Stato. Qualcuno dirà, c'era da aspettarselo da uno Stato ridondante e inefficiente. Il fatto è che lo Stato ha bistrattato proprio chi ha scelto di lasciare il suo 0,8% nelle sue casse. Sono in tutto 2,6 miliardi (sempre nei 20 anni) che sarebbero dovuti andare a progetti contro la fame nel mondo, aiuti alle popolazioni colpite da calamità naturali, assistenza ai rifugiati ed edilizia scolastica. E, invece, a destinazione sono arrivati solo 819 milioni. Chi ha scelto la versione laica dell'otto per mille deve accettare il fatto che due dei suoi euro sui tre sono andati non si sa bene dove. Nel calderone dei conti pubblici che non tornano mai. Ad alimentare una delle tante coperture per misure che magari non condividono, con buona pace dello spirito che anima il tributo di scopo. I fondi dell'otto per mille sono sempre nel mirino delle leggi di Stabilità. Renzi vuole ridurre la quota dello Stato di 10 milioni di euro. Poi ha destinato parte del due per mille, quello destinato ai partiti, anche a iniziative culturali. Insomma, per quanto minime, le risorse che il contribuente può destinare a chi vuole, fanno gola ai governi, sempre a caccia di coperture. L'otto per mille è finito diverse volte sotto i riflettori della Corte dei conti. I giudici contabili contestano il metodo di ripartizione che favorisce le principali religioni, alle quali vanno le quote dei contribuenti che non firmano per nessuno. La Corte dei conti all'inizio del mese ha segnalato anche un «ulteriore rallentamento nell'attribuzione delle risorse di competenza statale». Come dire, va sempre peggio.

Poi, per quanto riguarda il cinque per mille, delle possibili irregolarità. Sono state fatte delle ispezioni su cinquemila modelli di dichiarazione compilati dai Caf ed è emerso che c'era un eccesso di scelte a favore delle organizzazioni madri degli stessi centri di assistenza fiscale.

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