TripoliLa formula del terrore è fin troppo evidente. E impensierisce soprattutto l'Italia. Un'Italia costretta a condividere un braccio di mare sempre più angusto con una Tunisia vivaio del terrorismo e una Libia diventata arsenale e santuario dello Stato Islamico. I dettagli di quell'asse e di quella formula emergono dai trascorsi di Jabeur Khachnaoui e Yassine Laabidi, i due attentatori di Tunisi uccisi dalle forze di sicurezza dopo l'assalto al museo del Bardo. Jabeur prima di trasformarsi nello spietato killer di quattro italiani, di altri 18 turisti e di tre suoi compatrioti era un militante di Ennahda, il partito islamista andato al potere dopo la «rivoluzione dei gelsomini». Un partito definito assolutamente «moderato» da tutta la stampa italiana ed europea. Una foto pubblicata ieri dal sito Tunisie Secret ci mostra invece un terrorista perfettamente in sintonia con i vertici di quel partito «moderato». Nell'immagine, esibita sulla propria pagina Facebook, Jabour si fa ritrarre al fianco dell'avvocato Abdelfattah Mourou, storico fondatore di Ennahda ed attuale vice presidente del Parlamento tunisino.
Una foto ancor più inquietante dopo la diffusione su Twitter del messaggio audio con cui lo Stato Islamico rivendica l'attacco. Nella rivendicazione Jabeur Khachnaoui e Yassin Laabidi, citati con i nomi di battaglia di Abu Zakarya al-Tunisi e Abu Anas al-Tunisi vengono definiti «eroi» e «cavalieri dello stato Islamico». «Vogliamo far sapere agli apostati della Tunisia che questa è solo la prima goccia di pioggia e che d'ora in poi non potranno più vivere né in sicurezza né in pace - spiega il messaggio letto da una voce assai simile a quella dello speaker di Radio Al Bayan, l'emittente dello Stato islamico che trasmette da Mosul. «Gli infedeli - prosegue il messaggio - sono stati terrorizzati dal Signore e i nostri fratelli sono riusciti a tenere in pugno un gruppo di cittadini dei paesi crociati».
I legami con lo Stato islamico e le connessioni libiche emergono anche dall'esame delle tracce lasciate su internet dai due terroristi. Secondo Amine Slama, un esperto di cyber terrorismo tunisino specializzato nel seguire le orme informatiche dei militanti jihadisti, Jabeur e Yassin sarebbero rientrati alla fine di dicembre dalla Libia. Durante quella permanenza avrebbero frequentato per un certo periodo le basi di Ansar Sharia, l'organizzazione terroristica fondata dall'emiro Saif Allah Ben Hassine - meglio conosciuto come Abu Ayad - alleatasi di recente con le formazioni libiche legate al Califfato. Un'alleanza comprovata dalla presenza in Libia del militante tunisino Ahmad Mahmoud Rowisi. Considerato uno degli emiri di Ansar Sharia e ricercato per l'assassinio di Chokri Belaid, il deputato assassinato a Tunisi nel 2013, Rowisi è stato ucciso a Sirte lo scorso sabato mentre combatteva sotto le bandiere del Califfato.
Jabeur e Yassin avrebbero invece usato la Libia come un ponte per volare in Turchia e raggiungere la Siria dove si sarebbero fatti le ossa combattendo tra le fila dello Stato Islamico. La Libia non è soltanto il ponte per la Libia e l'Iraq. Da lì arrivano anche le forniture di armi e munizioni ritrovate nei mesi scorsi dai servizi di sicurezza tunisini.
E dalle basi libiche del Califfato, dove soggiornano indisturbati l'emiro Abu Ayad e altri capi di Ansar Sharia, partono ordini e indicazioni sui bersagli da colpire. Proprio per questo il vivaio tunisino del terrore non potrà venir liquidato se non verranno eliminati i santuari e gli arsenali libici. Santuari e arsenali che non minacciano solo la Tunisia, ma anche noi italiani.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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